Con le dimissioni di Nicola Zingaretti l’alleanza Pd-M5S è a forte rischio, ma tutto dipenderà dal nome del successore. E se fosse Stefano Bonaccini la porta sarebbe definitivamente chiusa.
La via è molto stretta per il Pd dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario. Il partito perde consenso in particolare dopo l’incoronazione di Giuseppe Conte a nuovo capo politico del Movimento 5 Stelle e l’assenza di una linea lo rendono un contenitore del tutto vuoto. La scelta di Zingaretti di lasciare a Conte la leadership del Centrosinistra lanciandolo come candidato premier dei progressisti aveva fatto storcere il naso a molti, in particolare tra gli iscritti. Zingaretti quindi paga non solo l’incapacità di gestire il partito ma anche l’aver ceduto ogni scelta programmatica ai pentastellati.
Finora tutti i delegati all’assemblea dem hanno detto sì all’accordo con i pentastellati, tutti per il “Conte o elezioni“, una scelta a dir poco disastrosa di cui il segretario ha poi dovuto dare conto. Del resto l’ex-segretario aveva detto esplicitamente “mai con i 5 Stelle“ per poi affidarsi del tutto all’ex-Presidente del Consiglio. Che il governatore della regione Lazio ci ripensi e torni al suo posto al suo posto rimane davvero improbabile, nonostante il documento presentato oggi dai capi corrente (Franceschini, Orfini, Orlando e Bonaccini) che sa più di una posizione di facciata.
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La reggenza pro tempore potrebbe essere affidata a Piero Fassino ma il nome del prossimo segretario definirà però anche il destino dell’alleanza con il M5S. Tramontata l’idea Roberta Pinotti, il papabile al momento pare Stefano Bonaccini, ma è evidente che qualora il partito dovesse scegliere il governatore dell’Emilia Romagna, la strada scelta da Zingaretti con i grillini sarà morta.
Sembra defilarsi persino LeU. “Il grido di dolore di Zingaretti ha tolto il velo alle contraddizioni del Pd e aperto una crisi che riguarda tutti i progressisti. Quello che c’è oggi non basta e quello che serve ancora non c’è” dichiara Roberto Speranza, ministro della Salute e leader di Articolo 1 in una intervista, ragionando sul superamento del Partito democratico in una formazione unitaria più larga. A giudizio di Speranza “Il Pd ha mostrato i suoi limiti, ma anche le esperienze costruite al di fuori del Pd non hanno raggiunto gli obiettivi” e su Bonaccini che dialoga con Salvini precisa che “è un’illusione pensare che i problemi grandi che abbiamo di fronte siano risolvibili cambiando un nome. Io pongo il tema di un superamento delle forze che ci sono oggi“.
Nel caos esulta Matteo Renzi: il suo obbiettivo, dopo quello di far saltare Giuseppe Conte e limitarne così il consenso, era proprio quello di rompere l’alleanza e lavorare per costruire una formazione di centro.
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