Solo una dose di vaccino non è sufficiente: ecco i rischi senza richiamo

Una sola dose di vaccino non basta per chi ha già avuto il Covid. Ecco quando bisogna fare anche il richiamo

Vaccino Covid-Meteoweek.com

Secondo quanto scrive lo scienziato Alberto Mantovani  su Repubblica, è ufficiale da poco l’indicazione da parte del Consiglio Superiore di Sanità di somministrare una sola dose di vaccino a chi ha già contratto il Covid 19. Alla base della suddetta scelta, ci sono due studi sui vaccini a mRna (Pfizer e Moderna) di Florian Krammer e Maria Rescigno in Humanitas.

I vaccini anti Covid si fondano su due piattaforme, adenovirus e mRNA. La prima, con cui sono prodotti AstraZeneca, Johnson & Johnson e Reithera, è basata su virus attenuati  e questo tipo di vaccini sono pensati per essere somministrati in monodose.

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Durante la sperimentazione clinica, il gruppo Oxford ha introdotto il richiamo per far durare di più la risposta immunitaria. Per l’Italia, quindi, non c’è alcun problema di ritardo per la seconda dose, dato che con la somministrazione della prima si è protetti fino a 3 mesi. Cambiano le cose per i vaccini mRNA, perché invece per loro c’è bisogno di un richiamo, in quanto pensati per essere somministrati in due dosi. Dopo la prima dose garantiscono forte protezione, inferiore però a quella ottenuta con due somministrazioni. «Nella letteratura scientifica non vi è nessun dibattito sul “non fare” una seconda dose di un vaccino a mRNA: la domanda è solo “se e quanto posticiparla”. Personalmente, seguendo i dati, credo sia meglio effettuarla rispettando il più possibile l’intervallo dei 20-40 giorni, come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Società Italiana di Igiene e Medicina Preventiva suggerisce, sulla base di sagge considerazioni di salute pubblica, che si può ritardare arrivando fino a due mesi», spiega Mantovani.

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Lo scienziato fa un esempio:«Consideriamo che una dose singola potrebbe dare una risposta immunitaria insufficiente per durata, quantità e qualità: una condizione che potrebbe favorire l’emergere di varianti che sfuggono al nostro sistema di difesa. Tony Fauci, che ha definito “irrinunciabile” la seconda dose, rispetto al rischio che un ritardo della stessa favorisca l’emergere di varianti ha dichiarato: “It may not be the case but it gets risky”. Ovvero: “Potrebbe non accadere, ma c’è il rischio”. E c’è anche un secondo rischio: trasmettere un messaggio sbagliato a chi ha ricevuto una prima dose e potrebbe essere tentato di non fare la seconda. Ricordiamolo: anche con i vaccini tradizionali non tutte le persone effettuano, come dovrebbero, i richiami». 

«Indispensabile, dunque», prosegue Mantovani, «fare ricerca, per ottenere al più presto dati certi in merito alla risposta immunitaria associata a ritardo nella seconda dose di un vaccino a mRNA. Un tema analogo si pone anche per le persone fragili, che hanno un sistema immunitario compromesso. Una parte dei pazienti oncologici, reumatologici, con patologie neurodegenerative che possiamo curare ma che, se si ammalano di Covid 19, sono a gravissimo rischio. Non sappiamo, ad esempio, se e in quali condizioni di immunosoppressione i vaccini attivino una risposta immunitaria adeguata ed efficace. Una domanda cui si pone l’obiettivo di rispondere al più presto un Consorzio guidato da Giovanni Apolone e Massimo Costantini e di cui fanno parte molti IRCCS italiani.

In conclusione, le dosi di vaccino anti Covid 19 – assolutamente indispensabili – non possono non essere accompagnate da robuste iniezioni di ricerca scientifica, che rispondano alle questioni aperte il prima possibile, per il bene dei singoli e delle comunità».

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