L’alleanza col M5S, il governo con la Lega, i rancori degli ex-renziani, i sondaggi poco lusinghieri. Zingaretti lascia la segreteria del Pd e apre la polemica. Cosa succede nei dem?
Un post polemico su poltrone e accese rivalità interne mentre il Paese fa i conti con i morti del Coronavirus. Così Nicola Zingaretti lascia la segreteria del Partito Democratico pagando le tensioni nel partito dopo il cambio di maggioranza, l’alleanza con la Lega e la sostituzione di Giuseppe Conte con Mario Draghi. Conte al quale Zingaretti aveva dato le chiavi dell’alleanza M5S-PD-LEU.
“Lo stillicidio non finisce – scrive Zingaretti sulla sua pagina Facebook -. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni. Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale farà le scelte più opportune e utili”
Un messaggio forse un po’ vittimista ma che mette in luce le problematiche interne in una fase in cui il partito è più che mai spaccato tra chi vuole un’alleanza programmatica e organica con il M5S e chi pone veti assoluti nei confronti dei pentastellati. Zingaretti sconta l’apertura nella Giunta della regione Lazio al Movimento 5 Stelle con il possibile ingresso di Roberta Lombardi. Il governatore aveva scelto di allargare la maggioranza dichiarando proprio ieri la necessità di “un’alleanza competitiva per guardare al futuro che torni a dare stabilità al quadro politico e consenta di sconfiggere la destra ovunque”. Apertura che non è andata giù ai pentastellati romani come De Vito e Blasi che avevano dichiarato come fosse “inaccettabile nascere come opposizione e finire a fare la stampella”
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I problemi maggiori per Zingaretti però sono tutti dentro al Pd in un partito che è abituato da anni a lavorare più per delegittimare il leader di turno e vivere di beghe anziché sui temi e sulle scelte strategiche per la crescita del consenso e del Paese. La difficoltà maggiore per il governatore è stata sicuramente nell’aver gestito un partito fino allora sotto guida renziana e che nel 2018 ha visto candidature con liste decise a tavolino dallo stesso Renzi. Difficile immaginare, anche dopo l’uscita del senatore di Scandicci, che le truppe parlamentari potessero rispondere alle indicazioni di Zingaretti e da qui il caos parlamentare per i dem. I generali renziani nel PD Lotti e Guerini attendevano dietro l’angolo la caduta dell’ex-segretario per aprire una nuova fase congressuale (prima prevista per il 2023) che lo vedesse ai margini.
LE REAZIONI DEI DEM
Per ‘ex-ministro Francesco Boccia “nel momento più drammatico della storia recente del Paese e nel momento piu’ difficile della storia del Partito democratico, Nicola Zingaretti è stato un faro sia per il governo che per il PD. Penso che l’Assemblea nazionale abbia una sola strada: chiedergli di restare segretario del PD che, grazie alla sua guida, è uscito da uno dei periodi più bui della sua storia”
Per Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, coordinatore dei sindaci Pd e nuovo presidente Ali (Autonomie Locali Italiane), dichiara: ”Comprensibile e condivisibile lo sfogo di Zingaretti, ma Nicola deve rimanere e continuare il suo mandato con la rinnovata spinta dell’Assemblea. Non si può delegittimare ogni volta il leader di turno, men che meno in questa fase di crisi sanitaria ed economica. Il Pd parli al Paese discutendo profilo, identità e missione nel nuovo governo Draghi“.
“Sono colpito dalla notizia” dice invece Enrico Letta che Zingaretti voleva richiamare nel partito, mentre Virginio Merola, sindaco di Bologna e componente della segreteria, chiede che “siano chiamati tutti gli iscritti a votare, e non solo l’assemblea nazionale“.
CANDIDATO A ROMA?
Non è certo concluso il percorso di Zingaretti nel Pd. Il governatore rimane saldamente alla guida della regione Lazio e l’incertezza del Centrosinistra che non trova la quadra nella Capitale potrebbe aprirgli le porte per una candidatura a sindaco di Roma, forte proprio dell’alleanza col M5S e del consenso elettorale di cui gode.