Chiusura scuole, il confronto tra Paesi Ue realizzato dal quotidiano francese Le Monde. A Stoccolma non si sono mai fermate. In Italia pesa anche il tema dell’occupazione femminile. Napoli e i Quartieri Spagnoli i più penalizzati. Ma per il Corriere la maglia nera per numero di assenze spetta a Bari
Emerge un dato sconfortante dal reportage sulla chiusura delle scuole in Europa realizzato da Le Monde e ripreso dal Corriere della Sera. E cioè che a Stoccolma, in Svezia, gli istituti non hanno chiuso nemmeno un giorno. Mentre a Napoli i ragazzi sono andati a scuola in media un giorno su due. Differenze che, evidenzia il quotidiano francese, dipendono dalle diverse politiche dei Paesi Ue e hanno ovviamente diverse conseguenze sui giovani.
Chiusura scuole, l’analisi di Le Monde
«Tutti gli stati europei si sono confrontati sullo stesso dilemma, cercando di contemperare la sicurezza per la salute pubblica e i danni all’istruzione e psicosociali causati dalla chiusura delle scuole», scrive Le Monde. L’esempio più virtuoso, come detto, è quello svedese. Il Paese nordico non ha infatti mai chiuso le sue scuole materne ed elementari né i suoi collegi anche al culmine della prima ondata di Covid. Solo le scuole superiori erano in didattica a distanza. Un trend condiviso anche dagli Stati vicini.
Dall’analisi emerge inoltre che in alcune società con ruoli familiari tradizionali, come Germania, Austria e Italia, il lavoro part-time delle donne è una spiegazione per la chiusura prolungata. Il tasso d’occupazione femminile a tempo pieno, evidenzia Le Monde, per le donne di età compresa tra 25 e 45 anni è inferiore al 60% in Italia, rispetto a quasi il 70% in Francia. E, soprattutto al Sud, viene considerato normale che una donna dopo la maternità accantoni la sua carriera.
La pandemia e le conseguenti chiusura hanno provocato effetti anche in tema di diseguaglianze, acuite soprattutto per le famiglie con reddito più basso. Come in Inghilterra, dove il 7% degli alunni è iscritto in istituti privati, costosi e meglio dotati di molte scuole pubbliche. Mentre decine migliaia di giovani sono stati privati dell’istruzione. In Spagna, dove c’è una percentuale del 27% dei bambini in difficoltà socio-economica, la scuola viene ad esempio vista anche come un luogo dove mangiare un pasto completo.
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La situazione in Italia
C’è poi il caso dei Quartieri Spagnoli a Napoli, ai quali il periodico parigino dedica un approfondimento. Qui le difficoltà a procurarsi i mezzi informatici e il disagio sociale hanno portato moltissimi bambini a «perdersi», rivela la Fondazione Foqus. Già prima ancora della pandemia, comunque, il tasso di abbandono scolastico era stimato al 30% nella fascia 8-14 anni. «Sappiamo che la reclusione ha ulteriormente amplificato le disuguaglianze di fronte scuola – commenta la responsabile di Foqus, Rachele Furfaro -. A livello nazionale, il governo stima che circa il 30% di alunni italiani non potevano avere accesso all’apprendimento a distanza e questa percentuale è molto più alta qui: tra il 50% e i due terzi».
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Il Belpaese è inoltre uno dei Paesi in Europa dove le scuole sono rimaste chiuse più a lungo per via della pandemia. Più di noi solo Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria. In Italia, ricostruisce il Corriere, la maglia nera per giorni di assenza da scuola la detiene Bari. Dove in media la presenza in classe è stata di 43,6 giorni sui 107 in calendario, stando ai dati di Save the Children. Poco distante Napoli, con 48,1 sui 97 previsti. Segue poi Reggio Calabria, con una media di 65,3 giorni a testa sui 97 in calendario, Torino con 67,4 sui 104 previsti, Palermo con 89,7 su 107, Milano con 95,4 su 107 e Firenze con 95,6 su 106.