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Cronaca

Pedopornografia, condivideva 10mila file: 33enne in carcere

Pedopornografia: 33enne della provincia di Milano finisce in carcere. Al suo cloud si collegavano più di mille utenti, 600 dei quali in Italia. Indagini partite da una segnalazione di Google, coinvolti anche Europol ed Fbi. Il gip: “Allarmante dipendenza”. Foto e video di orrori su neonati e bambini

La polizia postale ha arrestato un 33enne di Sesto San Giovanni (Milano) per aver “partecipato ad un gruppo telematico finalizzato alla condivisione di immagini e filmati pedopornografici”. Il 33enne è accusato di aver “posto una ingente quantità di materiale” a “disposizione di un numero indeterminato di persone, tramite la condivisione” di un link ad una cartella presente sul suo cloud. Le indagini sono condotte dal pm milanese Giovanni Tarzia.

Pedopornografia sul cloud: un arresto

Dall’ordinanza di custodia in carcere, firmata dal gip Guido Salvini, dopo segnalazioni arrivate dalle forze dell’ordine di Nuova Zelanda, Usa e Canada, emerge che l’uomo deteneva oltre 10mila file con immagini e video di orrori su neonati e bambini. Inoltre, il collegamento al suo cloud veniva “utilizzato da più di mille persone di cui seicento residenti in Italia”. Per il giudice “il consumo di materiale pedopornografico” era diventato “una allarmante dipendenza“.

L’inchiesta, si legge nel provvedimento, “ha tratto origine dalla segnalazione effettuata dall’organo statunitense Ncmec CyberTipline” al Servizio centrale della postale italiana. Quest’ultimo, a sua volta, riferiva “di aver ricevuto, dalla società Google, la comunicazione che un loro utente” aveva “caricato sul loro servizio di archiviazione 254 immagini di carattere pedopornografico“. E così gli inquirenti hanno eseguito a carico dell’uomo un decreto di perquisizione nel giugno dello scorso anno. L’indagato aveva ammesso “di aver in uso l’utenza indicata, le caselle mail nonché i dispositivi apparsi di interesse a seguito della ispezione informatica“.

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Negli atti si legge che “si è giunti all’identificazione dell’indagato grazie all’attività investigativa denominata Operation Heketera“. Attività “svolta dagli Affari Interni della Nuova Zelanda sul servizio di cloud Mega.nz”. I risultati sono stati poi condivisi con Europol ed Fbi “al fine di esaminare le informazioni relative ai singoli utenti nelle rispettive nazioni, tra cui l’Italia, che avevano scaricato materiale realizzato utilizzando minori degli anni diciotto”.

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