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Estero

Sono arrivate le prime bombe “democratiche” di Biden

Il neo-eletto presidente degli Stati Uniti ha ordinato un bombardamento in Siria, al confine con l’Iraq. Colpite “per avvertimento” alcune basi delle milizie filo-iraniane. Già finita la luna di miele del presidente democratico?

Si dice che, negli Stati Uniti, siano i presidenti democratici ad iniziare le guerre, che poi tocca ai repubblicani terminare. Un luogo comune ovviamente non veritiero, che forse fa riferimento ai primi decenni del dopoguerra. Ad oggi possiamo affermare, libri di storia alla mano, che in realtà tutte le amministrazioni Usa hanno avuto un ruolo decisivo in guerre o comunque azioni militari su larga scala: sia che l’abbiano fatte partire o che le abbiano proseguite, non c’è presidente a stelle e strisce che non abbia impartito ordini di bombardare, colpire, attaccare. Tutto sempre in nome della democrazia e del “peace keeping”, sia chiaro!

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Bene, ironia a parte oggi possiamo dire che anche Joe Biden, il 46° presidente americano, ha avuto il suo “battesimo del fuoco”: due giorni fa aerei americani hanno bombardato alcune basi utilizzate da milizie filo-iraniane in Siria, al confine con l’Iraq. Non è chiarissimo il computo delle vittime: alcune fonti parlano di un morto e di decine di feriti, mentre per l’Osservatorio Siriano dei Diritti dell’Uomo parla addirittura di ventidue morti. E’ probabile che i sette ordigni sganciati nell’area di Abu Kamal qualche danno l’abbiamo fatto. Non solo materiale. L’attacco sarebbe una conseguenza di una azione portata il 15 febbraio scorso contro una base americana nel Kurdistan iracheno: una serie di missili lanciati da un’area a sud di Erbil, vicino al confine con la provincia di Kirkuk. L’attacco era stato rivendicato da un gruppo sciita che si fa chiamare Awliyaa al-Dam, o Guardiani del Sangue: l’Iran però nega di avere legami con queste milizie.

L’amministrazione Biden ha ritenuto però di dover lanciare un avvertimento all’Iran, con il quale ci sarebbe ancora la possibilità di riprendere la trattativa sul nucleare e riportare in vigore gli accordi del 2015 che Trump aveva deciso di annullare. Al momento però sembra che la prima preoccupazione di Biden sia quella di rimettere in riga Teheran, che indubbiamente in Siria ed in generale in Medio Oriente ha acquistato negli ultimi anni il ruolo di potenza regionale, con una particolare influenza in Iraq. Gli Stati Uniti vogliono ridimensionare queste ambizioni egemoniche che vanno a ledere gli interessi degli alleati storici di Washington nell’area, Arabia Saudita ed Israele. In questo quadro rientra l’operazione militare americana che, sia chiaro, non stupisce: siamo abituati a questi bombardamenti strategici, propedeutici, ammonitivi. Lo hanno fatto tutti i presidenti statunitensi, chi più chi meno.

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E qui arriva la sorpresa: perchè c’è un presidente che ha utilizzato lo strumento bellico molto meno degli altri.  E’ Donald Trump: per motivi di varia natura, e non di certo per un approccio pacifista alla politica estera, il presidente più discusso della storia d’America è stato tra quelli che – di fatto – hanno utilizzato di meno lo strumento militare. Fare ora un paragone tra Trump e Biden su quanto possano essere più o meno guerrafondai non ha molto senso: il secondo è appena arrivato, il primo non può essere definito “presidente senza guerre” se non per approssimazione ed analisi un pò tagliata con l’accetta. Una cosa è certa: chi si aspettava una discontinuità assoluta di Biden dal punto di vista delle politiche militari e geo strategiche forse riceverà una delusione. E’ un presidente degli Stati Uniti che si comporterà più o meno come gli altri, e cioè ponendo in cima alle sue priorità le esigenze del suo paese. Come hanno fatto Trump, Obama, Bush, Clinton e via dicendo. Utilizzando, ovviamente, la forza militare quando serve. Può essere più gradito all’establishment o alla stampa di chi c’era prima di lui, ma siamo certi che sulle politiche militari “Sleepy Joe” si dimostrerà perfettamente in linea con tutti i suoi predecessori.

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