Il Regno Unito non deve autorizzare il rientro in patria di Shamima Begum, una ventenne ‘sposa dell’Isis’, fuggita da Londra a 15 anni insieme a due coetanee nel 2015 per unirsi ai miliziani del Califfato in Siria prima di essere catturata e finire in un campo profughi della zona.
Questo quanto stabilito oggi dalla Corte Suprema di Londra rovesciando il verdetto precedente emesso a luglio in appello che aveva dato ragione al ricorso presentato dal lei e dalla famiglia contro la revoca della cittadinanza britannica decisa d’autorità nei suoi confronti nel febbraio 2019 da Sajid Javid, allora ministro dell’Interno del governo di Theresa May.
Shamina Begum
È cresciuta a Bethnal Green, nella zona est di Londra, Shamima Begum era ricomparsa nel 2019 dal campo profughi in cui alcuni reporter l’avevano rintracciata (e dove ha poi dato alla luce un bebè morto di stenti stando ad alcune fonti) per implorare in interviste a vari media britannici la possibilità di tornare: interviste in cui aveva raccontato d’aver sposato un miliziano – un olandese convertito -, di essere stata testimone degli orrori della guerra e delle oppressioni del cosiddetto Stato Islamico, di aver perso per malnutrizione altri due bimbi; ma aveva pure negato inizialmente d’avere “rimpianti”, salvo correggere successivamente il tiro e dichiararsi “pentita.
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La decisione della Corte Suprema
Il governo May, seguito sulla stessa linea da quello attuale di Boris Johnson, aveva da parte sua insistito sul disconoscimento della sua cittadinanza, invocando ragioni di sicurezza nazionale e ipotizzando che Shamima potesse chiedere alternativamente per le origini dei genitori il passaporto del Bangladesh (Paese in cui peraltro non ha mai vissuto e che ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di ‘adottarla’). A luglio la Corte d’Appello aveva poi dato torto all’esecutivo, difendendo il mantenimento alla cittadinanza come un diritto fondamentale per una britannica di nascita, qualunque cosa avesse fatto. Ma oggi la Corte Suprema ha cassato all’unanimità quella sentenza, accogliendo il controricorso presentato dall’Home Office, il ministero dell’Interno del Regno. Nel dispositivo, il giudice relatore, lord Robert John Reed, ha definito “sbagliato” il verdetto d’appello, evidenziando che la valutazione dei rischi per la sicurezza nazionale sono competenza del “ministro dell’Interno, il quale rende conto delle sue responsabilità al Parlamento eletto”. Reed ha ammesso che “la privazione della cittadinanza” potrà avere “un profondo effetto sulla vita” della giovane. Ma ha aggiunto che occorre tenere conto anche “delle gravi conseguenze” della vicenda in termini “d’interesse pubblico” e che “sarebbe irresponsabile per la Corte accogliere il ricorso (di Shamima) senza riguardo verso gli interessi della sicurezza nazionale”.