Bar e ristoranti chiusi, i numeri di un disastro economico

La chiusura di bar e ristoranti, pur con differenze e lievi concessioni, ha comportato perdite elevatissime in termini economici.

Bar e ristoranti chiusi, o aperti a intermittenza, e comunque con limitazioni e misure di prevenzione attivate. E’ passato un anno dallo scoppio della pandemia ma il settore della ristorazione ha subito uno dei contraccolpi più gravi. Già dai primi Decreti a firma di Giuseppe Conte, bar e ristoranti furono costretti ad abbassare le saracinesche e, chi non ha retto ai costi e alle spese, ha dovuto chiudere mandando in fumo anni e anni di sacrifici. Già ad ottobre, dopo qualche mese dalle limitazioni,  Coldiretti lanciava l’allarme sul grande contraccolpo economico che sarebbe derivato dalle chiusure. “Dai ristoranti agli agriturismi, dalle gelaterie alle pizzerie fino alle trattorie, sono molte le realtà che trovano sostenibilità economica solo grazie al lavoro serale che ora è stato vietato dal nuovo Decreto”, scriveva in una nota in riferimento al Dpcm di ottobre.

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Una situazione che è stata tragicamente confermata negli ultimi messi che hanno abituato gli esercenti ad un continuo tira e molla, anche politico. Con l’arrivo di Mario Draghi qualcuno sperava in un cambio di rotta e Matteo Salvini, ora alla maggioranza, aveva iniziato a spingere sull’ipotesi di riaperture dei ristoranti almeno la sera. Speranze rimaste disattese, dal momento che Roberto Speranza ha chiarito, nelle sue comunicazioni di ieri, che nel prossimo Dpcm, il primo di Draghi, non ci sarà alcun allentamento delle restrizioni.

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In realtà, nelle zone gialle, i ristoranti e i bar hanno potuto riaprire, ma solo fino alle ore 18.00. Dopo quell’ora, le uniche attività loro consentite sono state asporto e consegna a domicilio. Un arco di tempo troppo breve, per non parlare dei cambi repentini di status. Nelle zone arancioni, poi, non è stata e non è concessa tutt’ora l’attività, né prima né dopo le 18.00. E, peggiorando, nelle zone rosse non c’è neanche possibilità di asporto o consegna a domicilio.

I numeri

Il 2020 è stato “l’annus horribilis” della ristorazione italiana, che ha registrato 37,7 miliardi di euro di perdite, circa il 40% dell’intero fatturato annuo del settore . In particolare, il fermo durante le feste natalizie ha creato un problema ancor più forte per il settore della ristorazione. Molti locali hanno perso il 20% del fatturato annuo, perdendo così 14 miliardi euro e il 57,1% in meno dei ricavi. Una situazione che il Presidente di Fipe-Confcommercio Enrico Stoppani ha così commentato: “La ristorazione sembra non avere pace: ogni volta che si avvicina la scadenza delle misure, ecco che arrivano nuove restrizioni”. A questo, si aggiunge il fatto che , a una perdita di ricavi derivante dal lavoro, si aggiunge il mancato supporto. I ristori sembrano essere insufficienti per coprire le perdite, mentre gli esercenti sono sempre più in crisi, messi ormai in ginocchio.

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