Uber, procuratore Milano: aperta indagine fiscale. “I rider non sono schiavi ma cittadini”

Procuratore di Milano, aperta indagine fiscale sul colosso del delivery Uber Eats. “Caporalato sui rider”, necessari accertamenti per eventuale “organizzazione occulta” fiscale.

indagine uber eats - meteoweek
aperta indagine fiscale su Uber Eats – meteoweek. com (foto di repertorio)

Proseguono le indagini in quel di Milano sull’operato dei colossi dei servizi a domicilio e il lavoro dei rider, i “ciclofattorini”. Figure importantissime in questo periodo, dato che in caso di lockdown o restrizioni maggiori “consegnano a casa dei cittadini il cibo” e hanno permesso a “molte imprese di non chiudere”, la Procura di Milano ha aperto un’indagine fiscale riguardo Uber Eats. La filiale italiana del gigante americano era infatti già finita in amministrazione giudiziaria per “caporalato sui rider”, ma ulteriori accertamenti stanno verificando “se sia configurabile una stabile organizzazione occulta” dal punto di vista fiscale.

A rendere nota la notizia è stato il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco, in occasione dell’ultima conferenza stampa dedicata alle indagini già avviate. “Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini“, spiega il procuratore riferendosi al lavoro a cui vengono sottoposti i fattorini milanesi.

Uber e delivery, indagine a tutela del futuro dei lavoratori

Secondo quanto viene comunicato da Antonino Bolognani, comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri, a diverse società del delivery sarebbero state inoltre “contestate ammende” sui profili di sicurezza dei fattorini per “oltre 733 milioni di euro“. Cifra, questa, che se verrà pagata “permetterà loro l’estinzione del reato”.

LEGGI ANCHE: 37enne vince 640mila euro al gioco ma percepisce il reddito di cittadinanza

Oltre alla questione sicurezza sul posto di lavoro, però, il procuratore Greco ha spiegato che nel nostro Paese i rider “hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro“. “Hanno un permesso di soggiorno regolare, ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata”, ha infatti evidenziato sempre contestualmente alla conferenza stampa. In questo senso, sarebbero 60mila i rider assunti dalle società del delivery (dunque non solo Uber Eats, ma anche Glovo-Foodinho, JustEat o Deliveroo) come lavoratori autonomi e occasionali, ma che dovranno invece diventare parasubordinati, “coordinati e continuativi”.

LEGGI ANCHE: La pandemia di Covid fa mettere le mani alla mafia su ‘green’ e sanità

L’indagine sull’operato delle società del delivery e della vita lavorativa dei rider, iniziata da Milano, si è infine estesa in tutta Italia, e ha visto 6 persone indagate. Tra queste, si contano gli amministratori delegati, i legali rappresentanti o i delegati per la sicurezza delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo. Un’inchiesta questa che, come spiegato dal procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano (titolare del fascicolo insieme al pm Maura Ripamonti), si è “imposta” e ha aumentato sensibilmente la sua portata sul territorio nazionale “perché questa situazione di illegalità” in cui sono coinvolti migliaia di fattorini “è palese”.

Gestione cookie