Una storia orribile che si è abituati a vedere in qualche film drammatico. La terribile vicenda è invece realmente accaduta, un incubo di violenza fisica e psicologica che è durato vent’anni.
L’incubo lo ha vissuto una donna, una 56enne di Caserta, trapiantata per amore da fine anni ’90 in Puglia, in un paese nei pressi di Trani (provincia di Barletta-Andria-Trani), che è riuscita a far condannare il marito a quattro anni di carcere per il reato di maltrattamenti in famiglia; una pena esemplare che il giudice ha inflitto senza neanche un referto medico che attestasse le avvenute violenze, ma basandosi solo sul racconto denso di particolari riferito dalla donna e dalle figlie (tutte e tre difese da Martina Piscitelli); anche le ragazze, oggi ventenni, sono state vittime delle violenze del padre. La sentenza è stata emessa dal tribunale di Trani, e conclude una vicenda tragica, diversa dalle altre, perché qui c’è un marito “padre padrone” che oltre alla già gravissima violenza fisica, ha inflitto gravi danni alla donna e alla figlie, anche a livello psicologico.
Durante il processo, è emerso che il 46enne, di professione guardia giurata, che è stato arrestato per questi fatti nei mesi scorsi, perdendo anche il lavoro, ha cancellato l’identità della moglie casertana, tenendola quasi sempre segregata in casa, costringendola a parlare pugliese, a dichiarare un’età diversa, a non avere contatti con la famiglia d’origine, che si era opposta al matrimonio perché l’uomo, già prima delle nozze, picchiava la futura moglie, in quel momento incinta.
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Le due figlie della coppia non erano nemmeno a conoscenza dell’esistenza dei parenti di Caserta, questo fino alla fine del 2019, quando la madre, sfinita per le continue violenze subite, ha preso coraggio rivelando alle ragazze l’esistenza dei familiari. Le adolescenti, anch’esse spesso picchiate dal padre, hanno così contattato i familiari via social, non venendo credute in un primo momento. I parenti casertani non avevano infatti notizia della donna da due decadi, poi però hanno capito la serietà della situazione. Una mattina, all’alba, sono così venuti a Trani a prendere la donna e le due figlie, e le hanno condotte a Caserta; qui le tre vittime sono andate alla Questura, dove hanno denunciato i fatti alla sezione della Squadra Mobile che si occupa di reati contro le donne. È quindi intervenuto il centro antiviolenza Spazio Donna in supporto della madre e delle due figlie vittime, e l’avvocato Martina Piscitelli, che le ha assistite nel processo riuscendo a far condannare il marito “padre padrone”.
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