4 imprenditori ritenuti vicini al clan dei Casalesi (Schiavone e Zagaria) sono stati arrestati dai carabinieri nell’ambito di un’indagine sulla penetrazione della camorra nel tessuto economico della provincia di Caserta. Sequestrati dalla GdF beni per 15 milioni di euro. I destinatari delle misure cautelari in carcere sono emesse dal gip su richiesta della Dda di Napoli, sono Domenico Pagano, ritenuto imprenditore di riferimento della fazione Schiavone del clan dei Casalesi, titolare della “Immobiliare Generale”, che figura tra i beni che gli sono stati sequestrati. In carcere anche Domenico Farina, ritenuto gravemente indiziato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, amministratore unico della Prisma Costruzioni S.R.L, società riconducibile al collaboratore di giustizia Francesco Zagaria. La “Prisma” è aggiudicataria di vari appalti pubblici, ottenuti, secondi gli inquirenti, con la connivenza di vari amministratori locali.
Le indagini
Le indagini della Guardia di Finanza si sono basate, invece, sul gruppo imprenditoriale casertano riconducibile ai cugini Giuseppe e Francesco Verazzo, rispettivamente di 56 e 61 anni, ritenuti gravemente indiziati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Il loro settore di competenza è quello delle costruzioni edili dove, avvalendosi della forza di intimidazione del “Clan dei Casalesi” e grazie alla compiacenza di amministratori locali, sono riusciti ad aggiudicarsi appalti pubblici nel territorio casertano. I due erano assurti al ruolo di portavoce di Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco, nella zona di Capua, assicurando il sostegno elettorale alle compagini politiche locali legate ad esponenti del Clan.
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Beni di 15 milioni
La Guardia di Finanza ha ricostruito il patrimonio economico accumulato negli ultimi 20 anni dagli indagati, anche attraverso i propri nuclei familiari e società a loro riconducibili, consentendo l’adozione di provvedimenti cautelari finalizzati alle ipotesi di confisca previste dalla legislazione antimafia. In particolare, nei confronti dei cugini Verazzo e di Pagano, a conclusione di una minuziosa ricostruzione dei numerosi beni detenuti, posta in essere anche mediante la valorizzazione di segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema di prevenzione antiriciclaggio, sono stati complessivamente sequestrati circa due complessi aziendali e quote societarie per un valore di circa 15 milioni di euro. Inoltre, sono state notificate anche due misure interdittive, al responsabile protempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, gravemente indiziato di turbata libertà degli incanti e corruzione, e a un impiegato di banca che era in servizio a Santa Maria Capua Vetere, accusato di avere consentito trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al clan.