L’offesa è uguale per tutti: ma se sei Giorgia Meloni, vale meno

Selvaggia Lucarelli non ha preso le difese di Giorgia Meloni, dopo gli insulti ricevuti dal professor Giovanni Gozzini.

Un’offesa è un’offesa sempre. Che tu sia donna, uomo, alto o basso, grasso o magro, eterosessuale o omosessuale, chiaro o scuro di pelle, di destra o di sinistra: un insulto è un insulto sempre. Esiste però un doppio binario, nel giudizio, che genera strumentalizzazione. Una doppia via che porta a giustificare certi insulti, se il destinatario non gode di qualche simpatia verso chi si esprime al riguardo. Già, perché Selvaggia Lucarelli non ci ha pensato due volte prima di condannare un titolo dell’HuffPost che metteva sullo stesso piano la senatrice sopravvissuta all’olocausto e la leader di Fratelli d’Italia. “Da Liliana Segre, alla Meloni: l’irresistibile scorciatoia dell’insulto a una donna”, il titolo finito sotto accusa dall’opinionista che su Facebook ha così commentato: “Come se l’odio per la Segre avesse una matrice misogina e non fascista. Come se molti degli odiatori della Segre non fossero quelli che vengono su a pane e Fratelli d’Italia“.

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Ricapitoliamo la faccenda. Giorgia Meloni è finita nuovamente nel mirino della sinistra. La leader di Fratelli d’Italia è stata vittima delle parole di Giovanni Gozzini che l’ha definita “una rana dalla bocca larga”, ma anche “una vacca“, “una scrofa” . Insulti senza mezzi termini che arrivano, però, da chi non dovrebbe mancare di cultura. Gozzini è storico e docente all’Università di Siena e contro di lui sono arrivate fior fior di condanne: dall’Anpi e addirittura dalle sardine. Selvaggia Lucarelli anche ha preso parola, ma non certo per esprimere solidarietà.

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Ciò che dai ricevi, davvero?

“Il linguaggio più subdolamente aggressivo è quello utilizzato per far leva sulle emozioni, sulle paure, sull’ignoranza e sull’identificazione del nemico in chi è fragile e diverso. Quello utilizzato costantemente da Giorgia Meloni per la sua propaganda politica, quello masticato e vomitato da buona parte del suo elettorato sui social e fuori dai social“, ha scritto l’opinionista in un post su Facebook. In sostanza: Giorgia Meloni ha una schiera di sostenitori che non si fanno problemi ad insultare il “nemico”. E per questo, se gli insulti le sono rivolti contro, pazienza: ciò che lei da, quello riceve. Occhio per occhio, dente per dente dice Selvaggia. Ma non è così che funziona. Teoria vuole che, proprio dinanzi agli errori, si dia il buon esempio.

“Spalleggiata da orde di sostenitori incarogniti e feroci che insultano a loro volta chiunque sia ‘il nemico”, scrive Selvaggia che poi conclude ricordando “l’atteggiamento che lei riserva a migranti e comunità Lgbt”. E comunque la giornalista sembra giustificare Gozzini che avrebbe usato un linguaggio “ben più moderato di quello modellato da anni di sua propaganda che pascola sui terreni fertili dell’odio. Propaganda basata sull’odio la cui potenza persuasiva è ben chiara alla Meloni“. A nulla è servito, come esempio, la telefonata fatta dal capo dello Stato Sergio Mattarella che ha espresso telefonicamente alla presidente di Fdi la sua vicinanza. “Chissà se Mattarella telefona anche ai gay pestati o agli stranieri discriminati da chi si abbevera a queste fonti”, conclude la Lucarelli che non prende lezioni da Fratelli d’Italia. E forse sarebbe ora di iniziare.

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