Nuove chiusure per cercare di arginare la diffusione delle varianti del Coronavirus. E le attività commerciali si fermano. Di nuovo.
Bar e ristoranti chiusi, folle e assembramenti nelle piazze e sui lungomare d’Italia. E’ la fotografia dell’ultimo “weekend all’italiana“, diviso tra zone rosse, gialle e arancioni. Da domenica hanno infatti cambiato colore Molise, Campania ed Emilia Romagna , ritornate arancio dopo qualche settimana in giallo. Nessuna regione è invece entrata in fascia bianca e diventa difficile credere che accadrà. A decidere sui nuovi cambi, il ministro della Salute Roberto Speranza, sulla base dell’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità che he messo in allarme circa la criticità della situazione riguardo l’andamento del contagio. “Sono ormai poche le regioni a rischio basso, l’incidenza a livello nazionale è in lieve aumento e l’Rt medio sfiora 1. Tutto ciò ci mostra come lo scenario apparentemente stabile è in realtà in scivolamento verso un peggioramento. Ciò richiede grande attenzione, soprattutto per la circolazione di varianti”, ha detto Silvio Brusaferro, il Presidente dell’Iss.
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Gli esperti sostengono con forza la necessità di un lockdown totale, a causa della circolazione delle varianti. Walter Ricciardi , prima di tutti, ha palesato la necessità di ricorrere a misure più estreme per fronteggiare l’avanzata dell’epidemia ed in particolar modo delle varianti. Un’ipotesi, quella di Ricciardi, che ha diviso finanche gli esperti, nuovamente divisi sulla questione. Da una parte, c’è stato l’allarme dell’Iss che ha raccomandato “di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante inglese, rafforzando o innalzando le misure in tutto il paese”. Sostiene la necessità un lockdown anche Andrea Crisanti , secondo cui un lockdown serviva già a dicembre. Si unisce al grido dei “rigoristi” anche Massimo Galli. E così fa anche Claudio Mastroianni, del Policlinico Umberto I di Roma.
E le attività commerciali?
Sta di fatto che l’ipotesi di un nuovo lockdown spaventa gli italiani e non poco. L’economia del Paese, già messa sotto pressione in questi mesi, non potrebbe reggere nuove chiusure. I danni dell’epidemia e gli effetti sull’andamento economico nazionale saranno pagati nel corso di anni e già adesso la crisi invade diverse settori. Migliaia e migliaia di lavoratori rimasti a casa, costretti ad abbassare le saracinesche dei negozi, vivono un dramma inaspettato e la paura legata alla perdita di certezze verso il futuro. A questo, si aggiunge lo stress e la pressione psicologica dei cittadini, che non sopportano più il peso di cambi repentini di status e che, dopo mesi di sacrifici, non sono più disposti a farne di nuovi. La divisione a zone permette comunque lievi libertà che, ogni giorno, fanno ingoiare l’amara pillola della pandemia, di cui tutti – chi più, chi meno – stiamo pagando le conseguenze.
Ma le libertà sono durate appena qualche settimana. Ristoratori e baristi avevano aperto sperando di poter avere qualche sospiro di sollievo. Ma così non è stato e dopo poco hanno riabbassato nuovamente le saracinesche. Ma c’è anche chi non le ha proprio riaperte. I gestori di palestre, ad esempio, sono fermi da mesi, così come i lavoratori del settore dello spettacolo, ormai abbandonati al loro destino. Poco meglio per i negozi commerciali, che almeno nelle zone non rosse possono restare aperti.