Un paese che vive di assistenzialismo è destinato a non riprendersi da una crisi economica profonda come la nostra. La pandemia ha acuito il problema e il reddito di cittadinanza non è la risposta giusta. Serve una svolta. Il caso di un imprenditore calabrese che non trova personale disposto a lavorare nella sua azienda.
Se il reddito di cittadinanza diventa un ostacolo per lo sviluppo del Paese. Il provvedimento introdotto dal Governo Conte I e fortemente voluto da Movimento 5 Stelle si sta rivelando un vero boomerang per la riduzione della disoccupazione in Italia e non solo. Sebbene il RdC abbia effettivamente aiutato numerose persone in difficoltà, non si può negare che ci siano tre evidenti problemi: ci sono troppi casi (non quindi pochi e isolati) in cui i beneficiari continuano a lavorare in nero; il reddito ha una durata massima di due anni, al termine della quale non è più possibile inoltrare la richiesta; i beneficiari rinunciano a opportunità di lavoro per non perdere il sussidio, rischiando inoltre di finire inevitabilmente fuori del mercato del lavoro.
Durante il discorso per la fiducia al Senato, persino Mario Draghi ha ribadito che aumentare il debito pubblico senza investimenti sarebbe un errore e che “ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti“. La direzione da prendere per il nuovo governo potrebbe quindi essere quella di dare maggiore sostegno all’impresa, magari con sgravi fiscali e tagli alle tasse, invece che prolungare un assistenzialismo di stato che rischia di portare una grande fetta di popolazione all’immobilismo economico e lavorativo.
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Da parte sua anche Confindustria ha rivolto un appello al Presidente del Consiglio perché non ci sia la proroga del blocco dei licenziamenti, provvedimento varato per far fronte alla crisi economica provocata dalla pandemia. “Non vorremmo di nuovo, tra poche settimane, assistere a una nuova protrazione del blocco generale dei licenziamenti al fine di prendere ancora tempo. Sarebbe l’invito alle imprese a rinviare ulteriormente riorganizzazioni, investimenti e assunzioni: un segnale decisamente sbagliato“, ha dichiarato Carlo Bonomi, presidente dell’associazione degli industriali, ribadendo come sia “necessario agire con riforme degli ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro“.
A proposito di beneficiari che rinunciano al lavoro per tenere il reddito, un caso emblematico arriva da un imprenditore di Corigliano-Rossano (in provincia di Cosenza) che da settimane cerca due tecnici informatici da inserire nel proprio organico, avvalendosi del centro per l’impiego locale, social media e istituti tecnici superiori. L’uomo ha dichiarato di avere avuto grosse difficoltà a reperire personale proprio in virtù del reddito di cittadinanza. “Posso lavorare ma in nero perché non voglio perdere il RdC“, “Se mi date il doppio del sussidio vengo a lavorare per voi“, queste le risposte medie pervenute dai (pochi) disponibili a ricoprire il ruolo.
“Sono sconcertato dalle risposte – ha commentato l’imprenditore -, non è un problema di mancanza di lavoro, ma di una logica assistenziale che si è protratta per troppo tempo, diventando una cancrena per la nostra terra“. Secondo quanto ha riferito dall’uomo, ad avere lo stesso problema, nella zona dell’Alto Jonio Cosentino, sarebbero anche autofficine e idraulici che cercano apprendisti da avviare alla professione.
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