Prosegue a rilento la campagna vaccinale, anche e soprattutto a causa della carenza delle forniture. L’Italia ha da poco superato la soglia dei tre milioni di cittadini vaccinati, ma è ancora troppo poco: le varianti incalzano e le morti aumentano di giorno in giorno. Per questo alcune regioni stanno proponendo di acquistare autonomamente dosi aggiuntive. A livello europeo, invece, si parla di varie strategie per agire sui brevetti delle aziende. Tutte le strade presentano dei rischi, ma un imperativo resta evidente: è necessario accelerare.
Mentre in Europa e in Italia si torna a parlare di lockdown totale, la variante inglese incalza e sale l’apprensione per i ritardi nella somministrazione dei vaccini. Molti di questi ritardi sono legati a una lentezza nella produzione delle dosi da parte delle aziende che detengono il brevetto, in primis Pfizer-BioNTech e AstraZeneca.
Al momento, infatti, le aziende non sembrano in grado di produrre le dosi necessarie per un rispetto dei cronoprogrammi di vaccinazione stilati dai diversi Paesi Ue. E non sono neanche dovute a farlo. Il contratto firmato con l’Ue, infatti, prevede un ammontare di dosi da consegnare su base trimestrale, non settimanale. Questo renderebbe legittimo accumulare ritardi di questo tipo. Il clima, però, si fa sempre più teso, soprattutto tra Commissione Europea e AstraZeneca, nelle scorse settimane al centro di un confronto affilato. La questione ha invaso anche il dibattito pubblico, ed ha prodotto due effetti: da un lato un acceso dibattito sull’opportunità di intervenire sui brevetti, dall’altro il tentativo di alcune regioni italiane di comprare dosi autonomamente.
In attesa che si prenda qualsiasi decisione in un senso e nell’altro, molte regioni italiane (soprattutto del Nord) sono pronte ad acquistare autonomamente dosi di vaccino per sopperire alla penuria di dosi. Sulla legittimità di questa mossa, però, persistono dubbi. Fino ad ora sappiamo che i contratti firmati dalla Commissione Ue vietano forniture parallele agli Stati Ue. Ma non dicono niente a proposito delle regioni di questi Stati. In questo senso, l’idea delle regioni è di acquistare nuove dosi grazie alle autorizzazioni delle autorità nazionali. In prima linea per un’iniziativa autonoma delle regioni c’è sicuramente il governatore del Veneto Luca Zaia, seguito da Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli-Venezia-Giulia, e Liguria. Eppure, sulla questione tornano le tensioni tra Stato e regioni. Intanto l’assessore piemontese Luigi Icardi, coordinatore salute della Conferenza, fa sapere: “Come Conferenza delle Regioni abbiamo chiesto se il Governo possa in subordine autorizzare le Regioni ad agire in conto proprio per approvvigionarsi. Su questo attendiamo il pronunciamento di un comitato paritetico ad hoc istituito”
Il Veneto però preme, e fa sapere di aver ricevuto due proposte: una per 12 milioni di dosi e l’altra per 15 milioni. Restano dubbi, tuttavia, sui tempi di consegna. Poi Zaia ha specificato: “E’ possibile acquistare vaccini per il proprio territorio. Abbiamo offerte tramite intermediari sul territorio europeo, su vaccini autorizzati da Ema. L’ambito delle trattative è questo“. Poi, a proposito di una guerra tra le regioni: “Se la colpa è quella di cercare vaccini su canali ufficiali e con carte a disposizione anche del commissario, più di essere trasparenti così non so. Abbiamo costi uguali o inferiori a quelli di negoziazione. Io non ho mai incontrato nessuno“. Intanto, però, l’Aifa mette in guarda da possibili frodi. Insomma, i rischi sono molteplici e le clausole contrattuali anche. Dall’altro lato, sembra evidente che una presa di posizione coraggiosa vada assunta, che lo faccia l’Ue, che lo faccia lo Stato o che lo facciano le regioni. Senza peccare di frettolosità, ma anche senza peccare di timidezza. Una cosa è chiara: non possiamo rischiare che le varianti prendano il sopravvento per questioni burocratiche.
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