La polemica sulla chiusura degli impianti sciistici ha inondato il governo Draghi ancor prima che si voti la fiducia. La linea di Speranza in contrasto con il centrodestra e nel frattempo l’incubo delle varianti incalza. Ma non è solo la politica a dividersi ma anche gli esperti sulla possibilità di un lockdown. La scienza ormai non ha un’unica strada.
Due versanti uno del sì e uno del no tra gli esperti e scienziati consiglieri della politica. Ma l’allarme arriva dalla richiesta dell’ISS: “Si raccomanda di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante VOC 2020/2021 rafforzando o innalzando le misure in tutto il paese”, “inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto.” Dunque, molto chiaro ed esplicativo il messaggio del Istituto Superiore di Sanità data la circolazione e la diffusione nel nostro paese di questa variante.
Anche l’ECDC, il centro europeo per le malattie infettive, manifesta le sue preoccupazioni in merito alle varianti, soprattutto quella inglese, innalzando il rischio a “alto-molto alto“. La direttrice Andrea Ammon avvisa che a meno che le vaccinazioni non vengano rafforzate in modo sistematico, vi sarà un aumento significativo di casi e di decessi. Questo dovuto soprattutto al maggior grado di diffusione e di mortalità della variante inglese.
Che vi sia un timore generale all’interno della comunità scientifica è palese, anche perchè la variante sta dilagando nel nostro paese. Si parla di 1 contagiato su 5 sia infetto dalla variante inglese. Ma è sulle precauzioni e le misure da prendere per far fronte a quest’altra minaccia che gli scienziati si dividono. Soprattutto sul lockdown totale non tutti sono d’accordo.
Ad appoggiare la tesi di Ricciardi anche il virologo Andrea Crisanti che sottolinea che il lockdown generale “andava fatto già a dicembre”. Per Crisanti sarebbe questa la strada da seguire poichè le zone, di qualsiasi colore, sono ormai troppo morbide e non bastano più. Anche il direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano Massimo Galli, esperto virologo spesso intervenuto sull’argomento in questi mesi, è d’accordo con una chiusura. Per Galli “le nuove varianti portano sicuramente più infezioni e più problemi.”
Purtroppo l’unica soluzione percorribile per il virologo milanese è quella della chiusura. Dato che “la divisione dell’Italia a colori non sta funzionando”. Il direttore di Malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma, Claudio Mastroianni, in modo molto concreto sottolinea che “siamo in una situazione preoccupante e serve la massima attenzione, valutare misure stringenti e anche un lockdown”.
Mentre dall’altra parte il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma Francesco Vaia chiede di smettere di fare terrorismo e utilizzare la variante come arma politica. Inoltre, la sua alternativa sarebbero “lockdown chirurgici laddove se ne verifichi la necessità. Non si tratta, dunque di aggravare le misure, ma applicare con severità quelle che abbiamo: non ci fate vedere più assembramenti così riguadagneremo in futuro spazi di libertà” ammonisce. Inutile parlare di lockdown totale anche per Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit.
Per le “misure selettive, rafforzate” anche l’epidemiologo e assessore alla Sanità in Puglia Pierluigi Lopalco. La via più morbida è quella adottata anche da Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. Per lui vanno rivisti i parametri di apertura e chiusura. Il fisico Giorgio Sestili parte dal presupposto che vi sia una via di mezzo tra lockdown generale in tutta Italia e 14 regioni gialle. Bisognerebbe valutare anche la chiusura di attività più a rischio come le scuole e un lockdown avrebbe senso se supportato da una vaccinazione di massa, che al momento non possiamo pensare.
Tutte voci di personalità degne di stima e di credito ma divise su una decisione così importante che la politica sembra non riesca a prendere da sola, ovviamente. Come giustamente sottolinea il direttore di Malattie infettive di Genova Matteo Bassetti “servirebbe un modo di comunicare più univoco, una voce unica. Questo disorienta sia la popolazione ma anche la politica che in base ai pareri degli esperti e del Cts prende le sue decisioni. Inoltre, parla della preoccupazioni che destano le varianti brasiliane e sudafricane che sembrano essere anche resistenti ai vaccini e per le quali difficilmente sviluppiamo anticorpi. Mentre rassicura che i vaccini sembrano funzionare per la variante inglese. Quello che chiede Bassetti è un’investimento sui laboratori per il sequenziamento genetico come sta avvenendo in altri paesi europei. “C’è un’urgenza e noi stiamo perdendo tempo“.
Nel frattempo nel resto d’Europa le misure stringenti hanno dato i loro benefici a discapito della variante inglese. In Germania il lockdown rigido è stato messo in atto a metà dicembre prorogato fino al 7 marzo. Misure dure anche sulle frontiere e allo stop della maggior parte dei viaggi, soprattutto con le zone e i paesi più colpiti. Gli effetti prodotti da queste misure sono la riduzione dei contagi da alcune settimane.
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Anche la Gran Bretagna, paese in cui è stata individuata per la prima volta la variante, ha optato per restringimenti prima locali poi agli inizi di febbraio il paese è arrivato all’intera chiusura. I numeri parlano chiaro anche qui, vi è una evidente riduzione del contagio e dei decessi. Intorno ai primi di marzo, dopo solo un mese di chiusura, la Gran Bretagna dovrebbe cautamente ripartire e allentare le misure.
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Oltre alla variante inglese, nel nostro paese sono state riscontrate anche la variante sudafricana e brasiliana in varie regioni italiane. Questo desta molta preoccupazione e sicuramente una misura di contenimento andrà trovata.
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