Il gip di Milano convalida il fermo del 70enne Giuseppe Parodi e dispone la misura cautelare. Nel mirino della GdF 16 anni di redditi dell’imprenditore Paolo Fassa. L’8 gennaio gli avevano sequestrato uno yacht da 50 metri
È stato convalidato il fermo, eseguito nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Milano, di Giuseppe Parodi, accusato di reimpiego di capitali di provenienza illecita per circa sei milioni di euro. Parodi è inoltre ritenuto il fiduciario di Paolo Fassa, titolare dell’azienda trevigiana di calcestruzzi Fassa Bortolo e in passato patron dell’omonima squadra di ciclismo. Fassa risulta indagato assieme alla figlia Manuela per frode fiscale e autoriciclaggio di cinque milioni di euro.
Lo ha deciso il gip di Milano Elisabetta Meyer, che ha disposto per il professionista 70enne gli arresti domiciliari, come chiesto dai pm Paolo Storari e Giordano Baggio. Il giudice nel provvedimento ha evidenziato che sussistono a carico di Parodi i pericoli di inquinamento probatorio, di reiterazione del reato ma anche di fuga. La GdF lo ha infatti bloccato mentre, secondo l’accusa, stava per partire per le Canarie.
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L’8 gennaio all’imprenditore Fassa la GdF aveva sequestrato un maxi yacht di oltre 50 metri, il Blanca, ormeggiato al porto di Genova e battente bandiera britannica, e circa un milione e mezzo di euro. Nel corso dell’inchiesta gli investigatori hanno ricostruito gli ultimi 16 anni di redditi dichiarati da Fassa, che ammontano a un totale di oltre 9.600.000 euro. Redditi confrontati con gli oltre 32 milioni di spese di acquisizione in leasing del Blanca, avvenuta sempre 15 anni fa, e di gestione. Da qui la sproporzione evidente (dice la Procura) tra dichiarazioni dei redditi e valore della barca, oltre alla scoperta di un presunto sistema architettato per “nascondere” lo yacht e i suoi costi di mantenimento al Fisco.
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Il fiduciario Parodi, residente in Svizzera e fermato a Milano, avrebbe quindi reimpiegato circa sei milioni delle risorse che l’imprenditore trevigiano avrebbe drenato alla Fassa Srl. Le somme sarebbero state distratte con la complicità di altri e attraverso un complesso meccanismo, sostiene l’accusa. Il tutto per dirottarle verso società offshore con sede in Croazia, Svizzera, Principato di Monaco e Panama e con lo scopo di impiegarle per l’acquisito e la gestione dell’imbarcazione di lusso.
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