Speranza chiude gli impianti sciistici, gli esercenti si ribellano: governo Draghi già in tensione

Gli impianti sciistici avrebbero dovuto riaprire oggi, ma meno di 24 ore fa è arrivata la decisione di Roberto Speranza che ne ha bloccato la ripartenza. Proteste da parte delle Regioni e anche dalle parti politiche; mentre gli esercenti si ribellano e aprono ugualmente per esprimere il loro malcontento. 

La chiusura degli impianti sciistici non è andata giù a molte parti politiche che non hanno condiviso una decisione così repentina e improvvisa arrivata ieri, domenica. Decisione che, di fatto, ha bloccato la riapertura prevista per oggi degli impianti, slittata al 5 marzo per la quarta volta. Non è bastata la promessa di ristori per placare l’ira dei lavoratori ed anche delle Regioni che avevano già firmato le ordinanze per la riapertura degli impianti. Ma il Comitato tecnico scientifico, interpellato da Speranza, ha dato parere negativo sulla riapertura, a causa soprattutto delle varianti che non permettono di pensare a riaperture di questo tipo.

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Dura la commissione Turismo della Conferenza delle Regioni che fa il punto sul danno recato ai lavoratori del settore, specie dal momento che la stagione volge ormai al termine e i danni in termini di cifre sono altissimi e non rimediabili con i sussidi. Letizia Moratti, assessore al Welfare della Lombardia riferisce di un “gravissimo danno” e a fargli eco c’è il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Durissimo anche Luca Zaia. “E’ innegabile che questo provvedimento in zona Cesarini mette in crisi tutti gli impiantisti”, dice il Governatore del Veneto seguito da Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni.

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“Basta metodo Conte”

All’interno del Governo protesta la Lega. “La montagna, finora dimenticata, merita rispetto e attenzione: che risposte si danno e in che tempi al documento predisposto dalle regioni?”, si domandano i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia. Protestano anche i capigruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari che protestano duramente contro la permanenza del “metodo Conte”: “Impensabile un annuncio la domenica e chiusura il lunedì. Al di là di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”, affermano i due puntando il dito contro Walter Ricciardi e Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza.

La protesta delle parti sociali

“Sono inferocito. Sembrava impossibile, ma purtroppo ieri, per la sesta volta, a due giorni dalla possibile riapertura, è arrivato l’ennesimo stop. Stop che a questo punto può essere definitivo”, è invece lo sfogo di Marco Michielli, presidente regionale di Confturismo e vicepresidente nazionale di Federalberghi. Maria Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Associazione Italiana Confidustria Alberghi parla invece di danni drammatici all’intero comparto del turismo, dal momento che “le aziende del settore si erano preparate alla riapertura, attesa da mesi e annunciata da diverse settimane, con acquisti e l’assunzione del personale“. La situazione era già catastrofica ma il cambiamento arrivato senza preavviso ha fatto sprofondare nello sdegno e nella rabbia migliaia di lavoratori, di chi si era preparato, di chi aveva ordinato, riscaldato gli ambienti, preparandoli e attrezzandoli nel modo giusto per evitare il contagio. “Tutte le aziende sono esauste e non c’è più il minimo di cassa vitale per poter far proseguire le attività. Ahimè, per molti è già scoccata la venticinquesima ora: la neve non aspetta certo i comodi del Cts e del ministero”, prosegue Michielli.

C’è chi protesta…

Presi dalla rabbia e dallo sconforto, i lavoratori protestano. A Livigno, ad esempio, si va contro regola, così come alla Piana di Vigezzo, dove sono rimasti aperti tutti gli impianti. Resta aperto anche il comprensorio sciistico di Ponte di Legno-Tonale e anche i Sindaci delle città del nord si uniscono al grido dei lavoratori e degli esercenti. “È un chiaro segnale di disinteresse e maltrattamento della montagna, delle persone e delle famiglie che ci vivono, ci lavorano, e dell’intera filiera del sistema turistico invernale che da sempre ha come colonna portante lo sci alpino”, commenta il Sindaco di Sestriere, Gianni Poncet. A Pian Munè, piccola stazione sciistica della valle Po, gli impianti sono rimasti chiusi ma la pista è diventata da subito luogo di protesta per i modi, i tempi e la mancanza di rispetto verso i lavoratori. Le località sciistiche pagano ora il prezzo delle disdette dei turisti, oltre che dei costi sostenuti per la messa in sicurezza degli impianti. In alta Valsusa la protesta ha preso il nome di “Sciamosicuro”, con un flash mob contro la proroga della chiusura degli impianti di sci. Le regioni più colpite sono il Piemonte e la Lombardia, ma il malcontento accomuna i lavoratori di tutta Italia, adirati per il cambio di rotta all’ultimo minuto.

Scosse al governo Draghi 

Come se non bastasse, la protesta arriva in ultimo anche da Italia Viva. “Un duro colpo per tutta la montagna. Servono immediatamente ristori adeguati alla situazione e certezze per il futuro”, commentano i deputati di Italia Viva Mauro Del Barba e Silvia Fregolent dopo il varo del provvedimento augurandosi che il governo saprà “mostrare il cambio di passo rispetto al passato, ridando certezze a chi investe e crede nel turismo e nello sport montani“. La sensazione, però, è che il Governo Draghi non sia partito con il piede giustissimo. La questione degli impianti sciistici ha di fatto messo malumore già all’interno della maggioranza e sembra non aver trovato molti consensi. Ed è vero che l’ordinanza è stata firmata da Speranza sotto consiglio del Comitato tecnico scientifico: ma l’ok definitivo è arrivato proprio da Draghi. Colui, su cui sono puntati le speranze del cambiamento.

 

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