Rousseau prova a riunire, ma il Movimento 5 stelle è ormai spaccato: c’è chi parla di scissione

Il Movimento 5 stelle sembra essere ora più che mai scisso e spaccato, nonostante il tentativo di Rousseau sia stato quello di unire le diverse voci in un solo grido. Dopo il voto e l’appoggio al Governo Draghi, molti hanno lasciato. E c’è chi sostiene che una ricomposizione della frattura sia ormai cosa impossibile. 

Rousseau ha provato a riunire ma il tentativo è fallito. E’ fallito, perché il voto sulla piattaforma non è bastato per riunire le mille voci del Movimento 5 stelle che dall’ultimo scossone all’esecutivo ne è uscito più diviso di prima. Sono stati nell’esattezza ben 74.537 voti a decidere le sorti dell’attuale governo. Di questi, i favorevoli sono stati 44.177 mentre i voti contrari 30.360. I pentastellati hanno garantito il 59,3 % di “si” , determinando l’adesione al neonato governo di Mario Draghi. La votazione sul web ha reso felice Luigi Di Maio che ha rivendicato il coraggio e la coerenza del Movimento di scegliere “la strada della partecipazione e la via europea, che garantisce un insieme di valori e diritti di cui tutti noi beneficiamo ogni giorno e dietro ai quali, purtroppo non di rado, si nascondono egoismi e personalismi”. Ha festeggiato anche Roberto Fico, che aveva provato a sondare l’esistenza della maggioranza dopo il suo mandato esplorativo affidatogli da Mattarella.

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“Con il voto sulla piattaforma Rousseau il Movimento 5 stelle ha deciso di sostenere la nascita di un governo guidato da Mario Draghi. Questa scelta è un’assunzione di responsabilità e segna l’apertura di una nuova fase in questa legislatura”, ha scritto in una lettera aperta il Presidente della Camera. Anche il capogruppo Vito Crimi ha rivendicato la scelta democratica dei pentastellati. Meno felice è stato Alessandro Di Battista che si è sempre opposto alla formazione del Governo Draghi. E Draghi, del resto, è stato da sempre una delle figure nemiche al M5s, per via soprattutto del suo trascorso a garante delle elite. E così, Di Battista ha abbandonato e il Movimento ha perso una delle sue anime fondatrici. “Il sì ha vinto col 60%, quindi zero polemiche, le decisioni si devono rispettare ma si possono anche accettare. Però la mia coscienza politica non ce la fa a digerirle”, ha detto Dibba per giustificare il suo addio.

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Ciò che resta, si sgretola

Si potrebbe pensare, però, che chi è rimasto sia almeno unito. E invece così non è. Non pochi sono stati gli stellati che si sono detti contrari alla scelta di affidarsi a Rousseau, minacciando di abbandonare. E’ stato il caso, oltre che di Di Battista, anche del deputato Giuseppe D’Ambrosio che ha affidato il suo sfogo ad un post su Facebook, in cui ha accettato con rammarico il fatto che il Movimento abbia subito un cambio di rotta dopo il 2018 , trasformandosi in peggio. Dopo il voto, molti esponenti hanno chiesto addirittura di rivotare, non digerendo l’idea di sedersi a governare con i ministri di Forza Italia in una composizione del nuovo esecutivo, tra l’altro, totalmente sbilanciata. Non c’è infatti il super-ministero che avrebbe dovuto prevedere la fusione tra il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Ambiente e farlo notare è stata la senatrice Barbara Lezzi, che ha richiesto appunto una nuova consultazione su Rousseau.

Almeno 50 deputati e un terzo dei senatori, secondo il Corriere della Sera, sarebbero quelli che stanno pensando di lasciare il Movimento tanto più dopo che Beppe Grillo avrebbe bocciato l’idea di una nuova consultazione online. Vito Crimi, invece, cerca di ricomporre le fratture e di non aumentare le problematiche già in corso e già esistenti. Ma ormai la rottura definitiva del Movimento sembra essere una prospettiva a cui manca davvero poco per diventare realtà, dal momento che i punti di rottura sembrano essere ben più forti di quelli di unione e che, soprattutto, dell’unità e della coesione fino ad adesso non sembra esserci traccia.

 

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