La questione degli impianti sciistici non ha messo d’accordo né parti politiche né quelli sociali, minando la stabilità del governo Draghi.
Lo stop allo scii fa infuriare Lega, parti sociali e lavoratori. Bene ma non benissimo, dal momento che sono passati pochissimi giorni dall’insediamento a Palazzo Chigi di Mario Draghi. Il neonato Premier ha davanti una settimana difficile: lo aspetta la presentazione del programma di governo davanti le Camere e davanti al Senato, poi il voto, e questioni importanti da risolvere come scuola, vaccini, pandemia e Recovery. Le prime tensioni cominciano già ad ingombrare il nuovo Premier, dopo la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici arrivata nella serata di ieri, a meno di 24 ore dalla riapertura. Una decisione, quella di Draghi – che ha seguito Roberto Speranza che a sua volta ha seguito Walter Ricciardi e il parere del Comitato tecnico scientifico – che non ha trovato riscontro nei Presidenti di Regione, in Confcommercio, nelle parti sociali e dei ristoratori. “Tutto era pronto per riaprire”, protestano gli esercenti che da tempo si preparavano alla riapertura, attrezzando gli impianti affinché fossero a norma nel rispetto delle norme anti-contagio.
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Tutto si è risolto in un buco nell’acqua e l’attenzione si è da subito focalizzata su Draghi. Su di lui, c’erano promesse e speranze di cambiamento. E se è troppo presto per vederle, certo è che un primo cambiamento di rotta avrebbe potuto palesarsi già adesso. Adirati, i lavoratori, che dopo i rimandi del Governo Conte si trovano ora a dover affrontare i cambi repentini del Governo Draghi. E gli indennizzi, promessi, sembrano comunque non bastare mentre il punto ritorna nuovamente sulla questione delle tempistiche. “Non si può decidere tutto all’ultimo minuto”, fa eco la Lega, ora alla maggioranza. E di decisioni arrivate all’ultimo ne abbiamo già viste e sentite quando Giuseppe Conte, con Dpcm, cambiava i programmi di migliaia e migliaia di persone che hanno affrontato questi mesi di emergenza come un continuo aut-aut, aggiungendo al dramma e alla disperazione per la crisi economica anche la frustrazione di poche certezze e poche garanzie.
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La paura è che con il nuovo esecutivo tutto rimanga uguale al precedente e che di cambiamenti ce ne saranno ben pochi. Le premesse ci sono, e anche le promesse; ma forse mancano le basi solide su cui poggiare una squadra che sia coesa ed unita. Il governo raggruppa pezzi ed esponenti che vengono un po’ da ogni parte, ciascuna con voleri e volontà diverse. Ciò che è uguale, però, è l’emergenza in cui si trova il Paese, ormai allo stremo. La questione degli impianti sciistici, insomma, fa ben poco sperare circa il fatto che si assisterà ad un cambiamento ed anche in tempi recenti. E proprio sul nome di Roberto Speranza si apre un grande punto di domanda: perché il suo Ministero è rimasto fermo lì, se la gestione della pandemia non è stata delle migliori? E perché nuovamente oggi abbiamo assistito ad una presa di posizione che non rispetta né tutela gli interessi degli esercenti? Certo, è ancora presto per tirare le somme: ma buon vento non tira a Palazzo Chigi. E le scosse potrebbero essere sempre più forti, sempre più difficili da controllare.
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