Dopo il caos sulle piste da scii e la richiesta di Ricciardi di un lockdown nazionale, la Lega chiede un cambio di vertici del Cts.
Che il neonato Governo Draghi non possa o non debba più seguire le linee del Governo Conte è una delle traiettorie che potrebbe seguire all’insediamento a Palazzo Chigi dell’ex della Bce. Serve un cambio di rotta per ristabilire in primis l’equilibrio del Paese; in secundis, per far capire che lo scossone arrivato in seguito alla dimissione delle Ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova non sia andato perso; in terzo luogo, per dare giustificazione di essere alla scelta di Sergio Mattarella di passare la palla nelle mani di Draghi. E intanto, dalla maggioranza, arrivano le prime richieste e i partiti che prima svolgevano un ruolo di opposizione, oggi sono alla maggioranza, potendo quindi alzare la posta in gioco per cercare di farsi valere e di assumere un peso maggiore – sia di ruolo che di richieste – di quello svolto fino ad adesso.
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E così fa la Lega. “Non si può continuare con il “metodo Conte”, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi-Arcuri-Speranza”, è la richiesta che arriva da Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Richiesta che mette nel mirino proprio quei vertici che nella gestione della pandemia hanno giocato un ruolo chiave ma non sempre propositivo. E se per il Ministro della Salute Roberto Speranza sembra esserci ben poco da fare, su Ricciardi e Arcuri si pensa ancora di poter agire. Il primo, consigliere di Speranza, ha rilanciato nel weekend la linea rigorista, chiedendo un lockdown nazionale e lanciando un appello a Draghi affinché riprenda il percorso più “duro”, quello che riporterebbe tutta l’Italia in zona rossa.
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Una richiesta che non è stata ben vista, dal momento che sembra essere opinione condivisa il fatto che il nostro Paese, così come la nostra economia, non possa permettersi il lusso di una nuova chiusura generalizzata. “Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati. Al di là di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”, è la richiesta che arriva dalla Lega. E la richiesta del partito di Matteo Salvini muove anche dal nuovo stop alla ripresa della stagione sciistica. L’ordinanza di Roberto Speranza che mette un nuovo freno alla riapertura degli impianti ha aizzato gli animi dei leghisti. E dal Ministero dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti chiede subito indennizzi per la montagna, appoggiato da Massimo Garavaglia, del Turismo.
“Il Cts oggi dice esattamente il contrario di quanto detto la settimana scorsa, ma non puoi dire la domenica mattina che domani non apri gli impianti che dovrebbero aprire il lunedì. Della salute si occupano gli scienziati, chi deve decidere deve pianificare”, prosegue Matteo Salvini commentando le dichiarazioni del Comitato tecnico scientifico sulla riapertura degli impianti sciistici. Tuttavia, di un cambio ( anche) dei tecnici al momento non se ne parla: Mario Draghi non avrebbe intenzione, non fino ad adesso, di operare verso un cambio così netto e drastico, ma potrebbe subire le pressioni degli alleati della maggioranza, ora con più potere e capaci di alzare di volta in volta la posta in gioco per farsi valere.
Tra i numerosi volti della pandemia c’è poi Domenico Arcuri, commissario delegato per la gestione dell’emergenza Coronavirus durante il Governo Conte. Ma i suoi errori sembrano essere stati più forti dei meriti ed è per questo che proprio il suo nome potrebbe finire nel mirino per un cambio di guarda. Recentemente, un servizio di “Report” aveva fatto luce su qualche aspetto controverso circa la gestione dei fondi messi a disposizione delle imprese da Invitalia – Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti, guidata da Arcuri – per la riconversione industriale e la produzione di mascherine chirurgiche. A Marzo, in piena emergenza Covid-19, Invitalia assegnava un finanziamento a fondo perduto di 50 milioni di euro a 130 aziende, molte delle quali si riconvertivano per produrre mascherine. Una misura del decreto Cura Italia secondo cui, però, la riconversione doveva avvenire entro 15 giorni dall’ottenimento del finanziamento.
Un’altra vicenda che lo ha visto coinvolto senza esiti positivi è stata quella dell’acquisto delle mascherine dell’Italia dalla Cina. Anche se Arcuri ha smentito, secondo Report l’ultimo acquisto di mascherine cinesi sarebbe stato fatto l’11 settembre. Ed incastrarlo c’è la testimonianza di Davide Miggiano, Responsabile Dogane dell’Aeroporto di Fiumicino, secondo cui a novembre alcuni voli della compagnia Neos avrebbero portato in Italia circa 40 tonnellate di mascherine. E c’è poi l’accusa di corruzione proprio sull’appalto e sulla maxivendita di mascherine. Non è andata meglio con l’operazione vaccini. Alla mancanza di vaccinatori – oltre che delle fiale poi arrivate, anche se in ritardo, Arcuri ha risposto solo l’11 dicembre quando ha pubblicato il bando necessario a reclutare 3 mila medici e 12 mila infermieri necessari per l’operazione vaccino. E ci si ricorderà, inoltre, delle polemiche di pochi mesi fa fa quando si ripeteva l’incubo già vissuto all’inizio dell’emergenza pandemica: i contagi sfioravano numeri altissimi e gli ospedali iniziavano il collasso. Era la seconda ondata ed era Domenico Arcuri, già allora, che doveva prendere in mano la situazione. Il punto, è che all’inizio della seconda ondata – rispetto alla prima – c’era stato più tempo per prepararsi. C’era stata l’estate per prendere provvedimenti adeguati che avrebbero potuto evitare gli stessi errori della scorsa primavera. Già a luglio il Ministero della Salute avrebbe trasmesso ad Arcuri i progetti delle Regioni: ma si è proceduto per deroghe e rimandi. E così l’Italia è arrivata tardi, di nuovo.
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