Una trasformazione dopo gli affari nel periodo di crisi prima del Covid: i “compro oro” hanno venduto tutti i gioielli di famiglia e, adesso, diventano acquirenti di borse di lusso e abbigliamento firmato. Questo fenomeno si sta diffondendo a macchia d’olio, soprattutto nella Capitale e nell’hinterland dove i negozi stanno nascendo come funghi. Il settore, della compravendita degli accessori griffati usati, come borse, cinte, portafogli e scarpe è ancora una zona grigia dal punto di vista normativo. La povertà, ormai, incombe anche sui ceti che, una volta, erano al riparo dalla crisi monetaria. Per aprire quest’attività, è necessaria soltanto una licenza che rilascia la circoscrizione e gli esercenti non sono tenuti ad avere un registro di carico e scarico del materiale che acquistano. Per i “compro oro” è necessaria, dunque, come per le gioiellerie, un’autorizzazione della divisione di polizia amministrativa della questura. In questo caso si obbliga il commerciante a registrare il nome di chi vende l’oggetto prezioso e dove questo viene poi portato per essere fuso o rivenduto. Un eldorado per ladri e scippatori che, oltre che depredare le vittime del denaro contante possono così mettere monetizzare anche il borsello griffato o la pochette di lusso.
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Al Giudice Valerio De Gioia è stato chiesto “Cosa pensa dei “compro oro” che si trasformano in “compro borse di lusso?”. La sua risposta è stata: “Posso dire che spesso alcuni articoli usati, come le borse si comprano con grande superficialità. La vendita e l’acquisto di borse potenzialmente rubate mette a rischio anche l’acquirente, perché bene che gli vada può incorrere nel reato di incauto acquisto, ma nella peggiore delle ipotesi nel ben più grave reato di ricettazione che prevede una pena che va dai due agli otto anni. Si potrebbe pensare, inoltre, in una prospettiva futura di mettere sugli accessori di lusso una matricola che inequivocabilmente ne tracci anche la proprietà.” Inoltre, secondo un’indagine della guardia di Finanza, che venne svolta su delega della direzione distrettuale antimafia qualche anno fa, il 20% dei compro oro era in odore di crimine organizzato e dietro le facciate sfavillanti e chic dei negozi si nascondevano reati come l’usura, l’evasione fiscale e riciclaggio.
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