Nella lotta alla pandemia di Covid il grande timore è quello rappresentato dalle numerose varianti che stanno dilagando un po’ dappertutto
Ormai la guerra al Covid si sta combattendo su più fronti. Da una parte si continuano ad assistere le persone che si ammalano. Che sono comunque sempre molte: non soltanto in Italia ma in tutto il mondo. In un’emergenza resa continua e imprevedibile dalle cosiddette varianti. Dopo quella inglese in Italia hanno attecchito anche la variante brasiliana e quella sudafricana. Un altro motivo di preoccupazione.
Nei laboratori proseguono le ricerche per cercare di conoscere tutti gli aspetti, anche quelli più nascosti, di un virus subdolo, che si evolve e muta in modo estremamente veloce e imprevedibile. Le case farmaceutiche, dal canto loro, stanno cercando di lavorare su un doppio binario: quello sui vaccini esistenti, che devono essere prodotti su scala sempre più vasta. E quello di un nuovo vaccino che possa rispondere alle esigenze non soltanto del ceppo originario del virus ma anche di tutte le sue varianti.
Una vera e propria lotta contro il tempo che in questo momento sta coinvolgendo centinaia di ricercatori in tutto il mondo. La svolta è nel cosiddetto vaccino unico, un farmaco unico in grado di colpire il nucleo del COVID-19 e non solo la proteina Spike.Secondo l’Università di Nottingham le ricerche sono a buon punto.
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La professoressa Lindy Durrant, immunologa presso l’Università di Nottingham, spiega che il vaccino unico è la soluzione definitiva: “Stiamo imparando dalle inadeguatezze della prima generazione di vaccini per migliorare la seconda generazione”.
La ricerca riguarda la proteina centrale del virus, chiamata nucleocapside, o Proteina “N”. Il vaccino universale dovrebbe iniziare le sperimentazioni cliniche nella fase iniziale entro la fine della primavera per essere distribuito su vasta scala entro la fine dell’anno.
Al momento le varianti presenti nel nostro paese sono tre: inglese, brasiliana, sudafricana. Ma secondo l’organizzazione mondiale della sanità che sono state riconosciute già diverse altre. Tra le quali la Cluster 5, comparsa negli allevamenti di visoni in Danimarca e trasmessa all’uomo.
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