Il bollettino di ieri, 14 febbraio, ha registrato oltre 200 decessi. Nonostante il cambio a Palazzo Chigi e le misure prese per fermare l’andamento del contagio, l’epidemia non si arresta e l’emergenza sanitaria rimane.
11.068 nuovi casi e 221 morti: il bollettino di ieri, 14 febbraio, conferma lo scenario di una pandemia che non si arresta, nonostante le misure anti-contagio e nonostante i vaccini. Dall’inizio della pandemia i contagiati sono stati 2.721.879, mentre i decessi 93.577. E ieri, i tamponi effettuati, tra molecolari ed antigenici, sono stati 205.642, 85mila in meno rispetto all’altro ieri, quando ne erano stati fatti 290.534, registrando 13.532 nuovi casi e 311 vittime. Sono aumentati anche i ricoverati in terapia intensiva, anche se in un numero esiguo ( +22 unità). In calo, invece, di 51 unità i ricoverati nei reparti non intensivi.
Numeri alti che mettono in allarme gli scienziati. Walter Ricciardi, consigliere di Roberto Speranza, ha infatti richiesto un lockdown totale e come lui anche altri camici bianchi ed esperti hanno palesato l’ipotesi che, con questi numeri, proseguire con divisioni territoriale sia impensabile.
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E’ chiaro che un cambio di vertici a Palazzo Chigi non avrebbe risolto l’emergenza sanitaria e che Mario Draghi al posto di Giuseppe Conte non sarebbe equivalso a un cambio di rotta come uno schiocco di dita. Ci vuole ben altro, ma di sicuro qualcosa va fatta. La pandemia evolve e la seconda fase, ripartita a ottobre, sembra non vedere la fine. E neanche le persone, dal momento che lavoratori e non si sentono in un vortice senza via d’uscita, bloccati dalla pandemia che non s’arresta e schiacciati dal peso delle misure restrittive. Necessarie sì, ma anche estenuanti. Intanto, in Europa, la maggior parte dei paesi è alle prese con un terzo lockdown e quasi tutti sono in ritardo con le vaccinazioni. L’Italia invece procede a zone, in base alla revisione dei criteri e degli indici di contagio che porta ad un cambio di colore e a limitazioni diverse di regione in regione.
Qualcosa non sta funzionando
È chiaro, però, che il sistema non sta funzionando alla luce dell’evoluzione epidemiologica che conferma un andamento ascendente dell’epidemia. Le uniche zone dove si registrano cambiamenti significativi sono quelle rosse, mentre quelle gialle sono alle prese con brevi frenate seguite da bruschi picchi di contagi e focolai sparsi. L’Italia cerca, durante questa seconda fase, di convivere con il virus; ma le evidenze mostrano che sono i Paesi che cercano di eliminarlo, il virus, ad avere la meglio. Secondo uno studio di Michael Baker e Martin McKee riportato su avvenire, sembra che i Paesi che perseguono l’eliminazione “hanno tassi di mortalità da Covid-19 inferiori a 10 per milione, 100 volte inferiore rispetto a molti Paesi che hanno scelto di ‘convivere’ con il virus”.
Inoltre, un lockdown evita decorsi clinici più prolungati e sembra l’unica vera arma efficace per sconfiggere l’epidemia. Queste e altre motivazioni vengono prese e utilizzate dai “rigoristi” a supporto della tesi che vede un lockdown come qualcosa di assolutamente necessario. C’è però anche un’altra evidenza ed è quella della crisi economica, del disagio dei lavoratori, degli indennizzi che non sono sufficienti. Agirà, su questo, il neonato esecutivo?