Gli applausi del personale di Palazzo Chigi al momento del commiato, il milione e passa di like su Facebook per il messaggio di saluti: Conte se ne va, attenzione agli “eccessi emotivi” (e alla strumentalizzazione mediatica).
“Mai visto nulla del genere”: è il commento che Danilo Toninelli ha postato su Twitter a commento del video di Giuseppe Conte che, dopo il picchetto d’onore, è stato salutato con un lungo applauso dal personale di palazzo Chigi al momento del suo commiato. Un video “emozionale”, toccante… e ben raccontato. Le immagini del presidente del Consiglio uscente che, visibilmente emozionato, riceve gli onori militari e poi, stupito, il fragoroso applauso dei dipendenti di palazzo Chigi affacciati alle finestre della corte interna, ed infine il suo allontanarsi verso il portone mano nella mano con la compagna, non possono non colpire.
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Questo tipo di “emotività mediatica” ha poi avuto il suo riverbero social: oltre un milione di like al post su Facebook di Conte, che ringrazia e saluta. Immagini toccanti, applausi, enorme consenso social: il risultato è che già ieri si è iniziato a leggere di un “enorme consenso popolare” di Conte, della necessità di “tenere conto politicamente” di questi dati, del fatto – insomma – che il premier giallo-verde-rosso probabilmente gode di un credito molto superiore di quello che gli veniva accreditato. E quindi, attenzione!
Ma attenzione a cosa? Iniziamo intanto a fare un pò di fact checking: gli applausi dei commessi e dei dipendenti di palazzo Chigi, così come il picchetto d’onore, sono una prassi. Il saluto militare è ovviamente stabilito dal cerimoniale, l’affettuoso saluto del personale – come mostrano anche i video – una usanza ormai “canonizzata”. E’ successo con Silvio Berlusconi nel 2011, con Enrico Letta nel 2014, con Matteo Renzi nel 2016, con Paolo Gentiloni nel 2018. E’, insomma, avvenuto per tutti i premier almeno negli ultimi dieci anni.
Per cui l’ondata emotiva che ha accolto le immagini del commiato di Conte forse dipende più da come sia stata “raccontato”, quel momento. E di come lo stesso ex premier, forse, lo abbia interpretato. C’è poi il discorso del milione di like su Facebook: numeri impressionanti, senza dubbio. Ma su cui bisogna ragionare in modo altrettanto analitico. Conte, suo malgrado, è stato il capo del governo nel momento storico più difficile che il nostro paese abbia vissuto dalla seconda guerra mondiale. Uno stravolgimento della quotidianità in cui il governo, e quindi lui in primis, ha acquistato il ruolo di punto di riferimento per mesi. Se si guarda al percorso del governo giallorosso questo passaggio è evidente. Una compagine nata forzatamente dopo la rottura di Salvini nell’agosto del 2019, che la pandemia ha reso protagonista della storia di questo paese. Giuseppe Conte è stato il volto di questo governo, monopolizzando l’attenzione mediatica: ricordate le conferenze stampa sui social?
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E’ normale che in tanti italiani sia rimasta impressa la sua immagine, resa ancora più vicina da indiscutibili doti di educazione e “bon ton”. Ma non scordiamoci il resto: gli errori, i ritardi, la manifesta difficoltà a gestire la crisi, l’incertezza, il caos-tamponi. Ricordiamoci il piano Colao, sparito nel nulla. Gli Stati Generali, inutile evento senza un seguito. Le critiche, enormi, arrivate da milioni di italiani penalizzati e duramente colpiti dalle conseguenze delle mancanze, sue e del suo governo. La capacità camaleontica di essere premier di un governo di centrodestra e di uno di centrosinistra nell’arco di mezza legislatura, come se fosse normale. Tutto questo deve esserci, nel racconto e nella percezione dei due anni e mezzo da presidente del Consiglio di Giuseppe Conte. Al netto di narrazioni “emotional”.
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