Mario Draghi è stato visto come il professore pacificatore e il genio delle banche che avrebbe risolto tutti i problemi dell’Italia. In un periodo di crisi sanitaria ed economica quella politica non ha certo facilitato le cose. L’arrivo di Draghi è apparsa all’opinione pubblica come una manna dal cielo, anzi dall’Europa. Ma l’ex presidente della Bce potrebbe già aver fatto alcuni errori con la formazione del governo. Un errore su tutti solleva molte critiche.
Ieri è stato il giorno del giuramento del governo di Mario Draghi con misure di sicurezza dalla sanificazione alla rigorosa mascherina FFP2 e le sedie disposte a scacchiera. Alcuni dei nuovi ministri hanno già preferito iniziare a confrontarsi. Mentre altri scettici di questo connubio, hanno preferito rimanere in separata sede. La lista dei ministri, palesata solo poco prima della cerimonia, ha lasciato tutti molto sorpresi. Innanzitutto, il numero di tecnici sui politici. Molti si aspettavano una maggioranza più tecnica per evitare scontri e disarmonie politiche. Si era parlato di una prevalenza tecnica nel governo Draghi soprattutto all’entrata della Lega in questa maggioranza. Ma Draghi con 15 politici e 8 tecnici sorprende tutti quelli che si aspettavano numeri invertiti.
Mario Draghi non aveva svelato nessun nome della sua lista dei ministri fatta con il misurino per cercare di non alterare gli equilibri tra i partiti. Un governo dei competenti con una distribuzione abbastanza equa delle poltrone. Ma questa forte presenza politica preoccupa un po’ sul piano della competenza, dato che vi sono state molte conferme. La strategia di Draghi però, se osservata da vicino, è stata sia accontentare tutti i partiti che lo hanno appoggiato ma tenere i ministeri chiave per i suoi tecnici. Infatti, tutti i ministeri chiave, ovvero quelli fondamentali per la stesura del Recovery Plan e la sua applicazione sono in mano ad economisti tecnici delle sue fila.
Governo politico prevalentemente del Nord Italia e a maggioranza maschile
Nel frattempo ogni partito, in base ai numeri, ha avuto la sua fetta di torta. Lega e Forza Italia escono vittoriosi con tre ministeri a testa come il Pd. Ai grillini quattro ministeri che rappresentano le quattro anime dei grillini e ai più piccoli, Italia Viva e Leu un ministero a testa. Inoltre, sinonimo della volontà di Draghi di tenere per sè e per i suoi fedelissimi tutto ciò che riguarda l’Europa e i rapporti con l’Unione è l’assenza del ministero per gli Affari Europei. Le sue persone di fiducia, infatti, gestiranno non solo l’economia ma avranno la gestione completa del Recovery plan e dei fondi europei.
Quest’ultima scelta probabilmente la più appoggiata dall’opinione pubblica e soprattutto applaudita dall’Unione Europea. Ma la divisione dei dicasteri non ha soddisfatto tutti, come anche la quota di donne ha lasciato amareggiati e delusi dopo i vari annunci illusori. Le donne, infatti, sono solo otto su ventitré e un altro dato negativo viene dall‘età media che si alza da 48 a 54 anni. Un altro “errore” commesso da Draghi, nonostante il Cencelli, è la disparità geografica che caratterizza l’esecutivo. Un governo prevalentemente del Nord Italia con addirittura ben 9 lombardi, solo 4 ministri del Sud e uno del centro.
Un dato che non ha sorpreso invece l’entrata nei ministeri dei numeri due dei partiti e non i leader come mostrano Orlando per il Pd e Giorgetti per la Lega. Nota positiva, forse la più attesa a luce della riforma, l’affidamento del Ministero della Giustizia ad una tecnica invece che ad una figura politica. Anche la delicata gestione della scuola, dopo i disastri della Azzolina, è affidata ad una figura tecnica.
Tra i politici note di dissapori per il ritorno dopo più di dieci anni alla Pubblica Amministrazione di Renato Brunetta che fa storcere un po’ il naso. Un ritorno, dopo solo un mese, anche quello di Elena Bonetti alle Pari Opportunità, la ministra di Italia Viva dimessa per la crisi innescata da Renzi. Un ritorno che le vecchie forze di governo potrebbero non gradire.
L’errore più grande di Mario Draghi: la scelta della conferma criticata da tutti
Ciò che lascia più delusi forse sono le riconferme. Ci si aspettava un governo completamente rinnovato che non lasciasse traccia del governo giallorosso uscente del Conte bis. Le conferme dal precedente esecutivo sono ben nove. Tra tutti il meno atteso proprio il ministro della Sanità. In questo momento il Ministero della Sanità è un governo chiave, fondamentale per il piano vaccinale e che Roberto Speranza non ha gestito in modo eccellente. La sua conferma ha gettato nelle critiche tutte le buone intenzioni del governo Draghi per chi si aspettava che fosse sollevato dal suo incarico e il ministero affidato ad un tecnico o ad una figura più competente nella gestione della pandemia.
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Un errore che molti non perdoneranno al neo presidente del consiglio dei ministri. Ma Mario Draghi ha preferito la continuità nella lotta al coronavirus, chi in questo anno ha già avuto modo di adattarsi ai protocolli e al confronto con il CTS. Ed è proprio dal Comitato tecnico scientifico che arriva la richiesta della conferma di Speranza per motivi logistici e tecnici, appunto e non per particolari competenze in materia. Un altro ministro avrebbe significato tempi più lunghi nella campagna vaccinale, anche se questa campagna abbia non poche falle.
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Nonostante le critiche sulla gestione, il professor Draghi ha voluto riconfermarlo. Le critiche arrivano tempestive dal leader del Carroccio. Salvini dice a Mentana “Speranza e Lamorgese o cambiano marcia o se vanno avanti come hanno fatto l’ultimo anno e mezzo avranno bisogno di aiuto e sostegno”. Nella speranza, appunto, che aiutato dai tecnici del Cts e dalla possibilità di una seconda opportunità, il segretario di Articolo Uno riesca a dare un’accelerata e un’organizzazione maggiore alla campagna vaccinale, priorità necessaria in questo periodo. E che questo non sia l’inizio di una delusione per l’opinione pubblica e la prima della valanga di critiche che non tarderebbero ad arrivare nei confronti del governo Draghi.