Nella lista di nomi indicati da Mario Draghi per la squadra di governo riappaiono volti noti, sia in ambito politico sia in ambito “tecnico”: tra questi ultimi, anche Vittorio Colao, autore del famoso Piano Colao archiviato da Conte e ora nuovo ministro dell’Innovazione tecnologica e Transizione digitale.
Mario Draghi ha indicato Vittorio Colao come ministro all’Innovazione e Transizione digitale. Lo stesso Vittorio Colao autore del famigerato Piano Colao, poi archiviato da Giuseppe Conte. Sono tanti, infatti, i volti noti scelti dal presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, sia in ambito politico (cosa che ci aspettavamo), sia in ambito tecnico. E questa è un po’ una sorpresa. Proprio perché da Colao a Roberto Garofoli, attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, le scelte di Draghi sembrano più volte orientate a recuperare persone allontanate dagli stessi grillini. Roberto Garofoli, ad esempio, era capo di gabinetto del ministro Tria al momeno del Conte I, quando Rocco Casalino si trovò al centro di uno scontro molto duro legato alle resistenze del Mef nei confronti del reddito di cittadinanza studiato dal M5s: i conti non tornavano, molti nel Mef si opposero a quella riforma per come era stata studiata, e i toni si alzarono. Tra le figure allontanate dal precedente esecutivo e ora ricollocate al centro dell’attenzione, appunto, anche Vittorio Colao. Dopo essersi laureato all’Università Bocconi, Colao ha ottenuto un MBA alla Harvard University, ha iniziato a lavorare a Londra presso la banca Morgan Stanley, per poi passare alle telecomunicazioni, principalmente per Vodafone, di cui fu amministratore delegato fino al 2018. Insomma, una carriera che sembra azzeccata per il ruolo da ministro dell’Innovazione tecnologica.
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Il Piano Colao svanito nel nulla
A lui nella scorsa primavera era stato affidato il compito di disegnare il volto di un rilancio dell’Italia. Il Piano di 121 pagine era stato creato insieme a un team di esperti provenienti da vari ambiti, da quello economico a quello giuridico. Eppure, una volta presentato, l’8 giugno, il Piano svanì nel nulla. Nessuno ne parlò più, non fu neanche commentato pubblicamente, per spiegare il perché dell’archiviazione. Una stranezza, visto che in base a quanto emerso fino ad ora il Piano fu abbastanza apprezzato da una parte del mondo produttivo. Lo stesso Colao avrebbe commentato: “Al di là di telefonate con i vari ministri, chiacchiere informali, non c’è stato un follow-up ufficiale tra la commissione che ha redatto il piano e il governo”. Così si impantanò il Piano studiato appositamente per integrarsi con il Next Generation Eu, suddiviso in sei macro aree: impresa e lavoro; infrastrutture e ambiente; turismo, arte e cultura; pubblica amministrazione; istruzione, ricerca e competenze; individui e famiglie. Una volta messe a punto le linee guida europee del Recovery, una volta giunti al momento di creare un Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Piano Colao non fu neanche utilizzato come base da cui partire per mettere a punto il programma.
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Una rispolverata al Piano Colao?
Ora Vittorio Colao potrebbe ripresentare i punti salienti del proprio progetto, anche perché gran parte della Transizione digitale incrocerà sanità, pubblica amministrazione, lavoro e istruzione. Proprio per questo, anche se il suo è un ministero senza portafoglio, è possibile che funga da interlocutore centrale per i ministeri dotati di un dicastero. Per Colao, ad esempio, uno dei goal fondamentali da perseguire è l’implementazione della banda larga e delle reti 5G, per rendere l’Italia totalmente interconnessa e per garantire una rete necessaria a introdurre tecnologie innovative. Tra queste, appunto, sanità digitale e telemedicina, l’istruzione in e-learning, la digitalizzazione della Pubblica amministrazione e un incremento dei pagamenti contactless. Per fare questo, per Colao (così come per Draghi) è necessario un profondo cambio di passo, che si traduce nel lasciar decadere le forme di commercio superate, ma creando una rete in grado di “riformarle” e reintegrarle in un Paese rinnovato.
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In un’intervista al Foglio, infatti, Colao avrebbe affermato: “Oggi è necessario dare aiuti economici, strumenti, informazione, formazione per un futuro più digitalizzato. Va capito come gestire e come accompagnare i disoccupati. E’ un grande tema. Tuttavia rimango ottimista. Questa è l’occasione per riportare lavoro dove ce n’è poco. Navighiamo in acque difficili ma abbiamo il dovere di mitigare il costo della transizione”. Insomma, Colao non mente: dei posti di lavoro verranno bruciati, ma saranno sorretti da una rete di protezione mentre, dall’altro lato, si cercherà di creare nuovi posti di lavoro.