Covid, il governo Draghi punta sulle vaccinazioni di massa in fiere, palasport, cinema e studi medici. Lo scoglio dell’immunizzazione del personale scolastico e l’accelerazione nella produzioni di dosi
Le vaccinazioni anti-Covid sono una priorità del nuovo governo guidato da Mario Draghi. Ieri il presidente del Consiglio, riporta Il Messaggero, ha infatti parlato a lungo con il ministro della Salute Roberto Speranza della campagna vaccinale in Italia. L’obiettivo sarebbe quello di riuscire a somministrare 500mila dosi giornaliere quando le forniture saranno sufficienti. La riconferma di Speranza è sicuramente una segno di continuità con quanto fatto finora, ma Draghi punta ad accelerare. Partendo ad esempio dalla chiusura dell’accordo con i medici di base.
Draghi, stando a quanto riferito dal quotidiano romano, punterebbe infatti ad applicare anche in Italia il modello inglese potenziando la macchina organizzativa. Potrebbero quindi uscire dal piano le Primule, le quali rischiano di restare solo una suggestione. Meglio puntare su luoghi aperti o ampi spazi per delle vaccinazioni di massa. Come centri di aggregazione, fiere, teatri, cinema e palasport. Ma anche hub come quello dell’aeroporto di Fiumicino, dove i vaccinati potenziali sarebbero circa 3mila al giorno. Il premier, inoltre, starebbe aspettando importanti notizie dalla Ue sul fronte dell’incremento delle dosi. L’idea è quella di produrre i vaccini anche in Italia riconvertendo stabilimenti esistenti.
Altro elemento cardine del piano di Draghi è la vaccinazione rapida del mondo scolastico, tra insegnanti, dirigenti scolastici e personale. Che, però, non è cosa facile. Perché ad oggi i vaccini di Pfizer e Moderna, che secondo le sperimentazioni hanno un’efficacia più elevata, sono riservati ai 4,3 milioni di ultra-80enni. Sottrarli a loro sarebbe, dal punto di vista etico, quantomeno discutibile. Si punta allora sul siero di AstraZeneca, che ha un’efficacia più bassa ma comunque rilevante. Inoltre, non è somministrabile agli 80enni.
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Eppure, il limite dei 55 anni indicato da Aifa escluderebbe buona parte del corpo docente. Per questo le Regioni hanno chiesto di imitare altri Paesi europei alzando il limite a 65 anni e nei prossimi giorni si svolgerà un vertice tra tecnici delle Regioni, del Ministero della Salute, di Aifa e di Agenas proprio su questo tema.
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