Il quesito posto sulla piattaforma Rousseau, per votare l’entrata del Movimento 5 stelle nel governo Draghi, ha infastidito non poco i grillini. Il movimento si è diviso in due e gli elettori si sentono presi in giro.
La votazione sarebbe dovuta iniziare il 10 ma le paure di un crescente no erano troppo forti per Grillo. La sera prima Beppe Grillo annuncia che non vi sarà alcuna votazione, c’era bisogno di pensarci e di aspettare che parlasse Draghi. Il professor Draghi non ha parlato, come ci si aspettava, poichè non c’era nulla da chiarire ma nel frattempo l’ex comico ha preso tempo. Inoltre, questo tempo è servito anche affinchè gli elettori vedessero la grande innovazione che avrebbe portato al governo: il super-ministero della Transizione ecologica. Un progetto già esistente appartenente ad una sezione del ministero dell’ambiente ideato dal grillino Costa e all’epoca osteggiato dagli stessi grillini. Grillo ha detto che Mario Draghi avrebbe accettato la creazione di questo Ministero, nonostante non vi siano conferme da parte dell’ex capo della Bce.
Questo però è stato fondamentale per la creazione di un quesito. Nel modo in cui è stato scritto e posto sarebbe stato impossibile quasi per i grillini votare no. Una strumentalizzazione del sentimento ambientalista e progressivo che Beppe Grillo veste di novità, da lui ideata, una cosa che esiste già finalizzata al raggiungimento del risultato da lui sperato. Il quesito era: “Sei d’accordo che il Movimento sostenga un governo tecnico-politico che preveda un super-Ministero della Transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal Movimento, con la altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”
Come era prevedibile e come è praticamente stato indotto, ha vinto il Sì. Otto ore per votare dalle 10 alle 18. Ma hanno votato solo 75.000 circa elettori su circa 120.000 aventi diritto di voto e con un margine molto basso che designa la completa spaccatura del Movimento. Il sì ha vinto con il 59,3% mentre il restante 40,7% ha votato No all’ingresso del Movimento nel governo Draghi.
I governisti guidati da Beppe Grillo e Luigi di Maio sono contenti e soddisfatti: “Ha vinto la maturità”, affermazione discutibile di Di Maio dato che questo procedimento ha bloccato la formazione del governo per due giorni. Soddisfatti anche Vito Crimi, attuale capo politico del Movimento che sottolinea che la democrazia del movimento passa per il voto degli iscritti. Ma i numeri parlano chiaro: non tutti i votanti pentastellati sono stati chiamati in causa e la percentuale con cui ha vinto il sì delinea una evidente scissione. Anche Roberto Fico presidente della Camera guarda con entusiasmo all’entrata dei grillini nel governo Draghi.
Questo quesito e il suo risultato ha avuto i suoi effetti. Chi predicava il No lascia il Movimento per l’incoerenza e l’opportunismo dei grillini governisti. Il primo a manifestare il suo abbandono della nave pentastellata, Alessandro Di Battista co-fondatore del Movimento. Deluso e amareggiato Di Battista dice “Mi faccio da parte. Non parlerò più a nome del Movimento perchè non parla più a nome mio”. Uno strappo netto che da il via agli altri “ribelli” o fedeli agli ideali del Movimento che siano. Ieri sera alla Camera già si parlava di eventuali uscite dal Movimento dal Parlamento. Nelle prossime ore sarà più chiaro cosa faranno e cosa decideranno ex ministri come Toninelli e Lezzi.
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La base del Movimento 5 stelle è furiosa e i votanti e militanti grillini sono infuriati e si sentono traditi e presi in giro dallo stesso Beppe Grillo. Prova a ironizzare e buttarla sulla comicità ma la verità è che prima con il blocco della votazione e con la formulazione del quesito poi ha tradito migliaia di grillini.
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Un’iniziativa online tra attivisti, facilitatori e consiglieri locali di più di 1000 persone ha fatto sentire le sue ragioni per la contrarietà al governo Draghi e alla “maggioranza assembrata”. Non sono pochi – e non solo il 40% dei votanti su Rousseau – gli elettori del Movimento contrari a questa scelta. Mentre gli esponenti in Parlamento si spaccano e si scindono prendendo strade diverse dal Movimento, gli elettori probabilmente verteranno su altre scelte dopo l’amara delusione che sa di tradimento del fondatore Grillo che ha voluto prendersi gioco di loro con un gioco di parole.
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