Milano, l’ordine ad Apple di fornire i contenuti dello smartphone. Il colosso informatico si era rifiutato appellandosi alla sicurezza dei clienti. Ora la società deve ridare ai genitori del giovane chef morto foto, video e ricette salvate nel Cloud
Per la prima volta in Italia il Tribunale civile di Milano ha ordinato in via cautelare d’urgenza ad Apple di fornire ai genitori di un ragazzo, morto in un incidente stradale un anno fa, il recupero dai suoi account dei contenuti digitali del figlio chef. Contenuti andati persi sul telefonino distrutto nello schianto, ma sincronizzati online (e dunque recuperabili) sul Cloud. Ne dà notizia il Corriere della Sera.
Secondo il quotidiano i genitori, con i legali Assuntina Micalizio e Mirko Platania, avevano provato a spiegare ad Apple che, per “cercare di colmare almeno in parte il senso di vuoto”, avrebbero voluto rivedere i video e le foto del figlio sul telefonino. Ma anche le ricette annotate, che la famiglia avrebbe voluto raccogliere in “un progetto dedicato alla sua memoria”.
Apple aveva risposto negativamente, invocando anche la protezione dell’identità di terzi in contatto con il ragazzo e la sicurezza dei clienti. Il colosso web aveva inoltre preteso che i genitori si dotassero di una serie di pre-requisiti giuridici come l’essere “agenti” del defunto e portatori formali di un “consenso legittimo” secondo le definizioni dell’Electronic Communications Privacy Act. La giudice della prima sezione civile Martina Flamini ha però ritenuto “del tutto illegittima la pretesa avanzata da Apple di subordinare l’esercizio di un diritto, riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano, alla previsione di requisiti del tutto estranei alle norme di legge”. Pertanto ha disposto che video e fotografie siano forniti ai genitori.
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Il parametro a cui fare riferimento è infatti un articolo introdotto nel 2018 nel Codice della privacy sulla tutela post-mortem. La norma demanda alla persona la scelta in vita se lasciare agli eredi la facoltà di accedere ai propri dati. In caso di assenza di un divieto scritto del diretto interessato, la legge attribuisce i diritti sui dati a chi agisca “per ragioni familiari meritevoli di protezione”.
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E in questo caso, per il giudice, “il legame esistente tra genitori e figli” e la “volontà di realizzare un progetto che possa tenerne viva la memoria” sono due elementi che incarnano anche il “perseguimento del legittimo interesse” richiesto dal Regolamento generale europeo sulla privacy per superare il diniego “opposto da Apple per tutelare la “sicurezza dei clienti”.
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