Premier fortemente europeista, rottura dell’asse Pd-M5s: Renzi ce l’ha fatta?

Il leader di Italia viva Matteo Renzi sembra aver ottenuto, fino ad ora, proprio quello che voleva: scalzare il M5s, trascinare il Pd esattamente dove voleva lui, porre alla guida del Recovery una figura di spicco che non fosse Giuseppe Conte. E così, realizzare un bisogno recondito: essere l’ago della bilancia della politica italiana. Tutto il resto, poltrone e poltroncine, avrebbe potuto accettarlo molto prima. 

renzi - meteoweek.com
MeteoWeek.com (da Getty Images)

Lo avevamo detto e lo ripetiamo: il vero progetto politico di Matteo Renzi è mettere all’angolo i populisti, e nel farlo – magari – svuotare il Pd, rompere l’asse che si poteva creare con il Movimento. Ma lo svuotamento del Pd non è direttamente nel mirino del senatore: Renzi non aspira più a cercare di convincere quell’elettorato di centrosinistra. Piuttosto, è il Pd a spostarsi verso l’elettorato centrista. Il Pd ha costituzionalmente una certa anima democristiana e Matteo Renzi, tirandolo per la giacchetta, riesce a farla emergere con più forza, confusa e contraddittoria. Riesce a rendere più “centro” il centrosinistra. Questo centro-centro-sinistra si stava creando anche con l’asse Pd-M5s, ma era un asse che non rispondeva al vero progetto politico di Renzi: mettere i 5 stelle alla prova per farli implodere nella loro presunta incompetenza. Poi, emarginarli. Erano loro ad essere nel mirino, il Pd è solo stato lo strumento.

In tutto questo – non siamo ingenui – oltre a un progetto politico c’è anche un progetto personalistico, che però non riguarda le poltrone. Renzi aspira, personalmente, ad essere l’ago della bilancia della politica italiana, lo stratega più sveglio di tutti, in grado di far accadere le cose, non importa il prezzo. Come avevamo già sottolineato, Renzi è mosso da quella persistente vanagloria che gli fa credere di poter manipolare la politica italiana in assolo, anche ponendo questioni legittime. Così facendo, però, scredita quelle stesse questioni, calcola male il reale prezzo delle sue manovre, e ora probabilmente non vede una realtà: ha ottenuto Mario Draghi, ma ha frantumato i partiti che dovrebbero sostenerlo con vigore. Non che prima fossero partiti solidi. Ma forse non è il caso di far emergere questa fragilità di fondo in questo momento. Il rottamatore ad ogni modo svolge il suo ruolo: rottama, sceglie il pezzo migliore nel puzzle di possibilità (in questo caso Mario Draghi), ma non raccoglie i cocci.

Leggi anche: Draghi, il governo del presidente sarà governo tecnico? Di certo non è politico

La prova del nove

Sembrerebbero congetture, eppure – al di là delle tante congetture fatte dai commentatori – basterebbe ascoltare bene le parole di Renzi. In molti all’inizio dicevano che Renzi si sarebbe accontentato di un rimpasto, perché era interessato solo a una o due poltrone. Il rimpasto gli è stato offerto e ha rifiutato. Lo aveva detto, che avrebbe rifiutato. Contestualmente, aveva detto che ciò che cercava era un governo all’altezza della sfida, che si trattasse di Conte ter o di un’altra soluzione. Il riferimento al Conte ter rappresentava, evidentemente, uno schermo per non lasciar trapelare subito il desiderio di passare al governo tecnico (o a un governo a guida Pd). E’ evidente che Renzi reputi l’ala grillina una forza incapace di gestire un governo, soprattutto in questa situazione. Conte era stato mediatore e calmiere di questa ala, e andava fatto fuori per metterla all’angolo. E di questa ala portava anche i presunti pregiudizi, che Renzi reputava inaccettabili: il no al Mes è uno di questi.

Leggi anche: Emergenza Covid: spaventano le elezioni, spaventa un governo fragile

Per averne la conferma, basta leggere l’intervista rilasciata di recente dal leader di Italia viva Matteo Renzi su la Repubblica. Il giornalista Stefano Cappellini gli ha fatto notare che lui “l’uomo più impopolare del Paese, è riuscito a cacciare il più popolare, Conte”. Renzi ha risposto: “È probabile che io sia il più impopolare del Paese, è improbabile che Conte sia il più popolare, ma è certo che Draghi sia il più competente. Va bene così”. Poi ancora: “Non ho niente da festeggiare. Sono solo felice di vedere una personalità come Draghi pronta a guidare il Paese”. Poi, a scanso di equivoci: “A chi mi domanda perché la crisi rispondo semplice: se dobbiamo spendere 200 miliardi di euro preferisco li spenda Draghi che Conte“. Secondo Renzi Conte non sarebbe stato in grado, Draghi sì. Questo perché la vera lotta politica non è tra Pd e Italia viva: Italia viva non vuole essere il nuovo Pd, ne vuole solo il sostegno, e il Pd glielo dà perché indeciso. Ma la vera lotta politica è tra Renzi e populismo: il leader di Italia viva è riuscito a togliere il governo dalle mani del M5s, e ora il Movimento dovrà decidere se votare un ex presidente della Bce fortemente europeista o passare all’opposizione. Una bella scelta, per una forza politica che era nata sull’ondata dell'”anti-casta”, e di un certo euroscetticismo.

Gestione cookie