Il presidente della Repubblica Mattarella ha affidato all’ex presidente della Bce Mario Draghi l’incarico di dar vita a un esecutivo di “alto profilo”. Questa formula lascia tutt’ora molti dubbi, ed è inevitabile che sia così: Mario Draghi deciderà che tipo di esecutivo proporre (se puramente tecnico o anche politico) in base alle consultazioni con le diverse forze politiche. Insomma, attualmente il governo Draghi sarebbe un semplice governo del presidente. Ma una cosa la sappiamo: non è un governo politico.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato di “governo di alto profilo“, riferendosi all’incarico affidato all’ex presidente della Bce Mario Draghi: creare un nuovo esecutivo trovando una nuova maggioranza. I dubbi sull’espressione utilizzata dal presidente della Repubblica sono tanti. E non poteva essere altrimenti. La formula è stata opportunamente usata perché Mario Draghi deciderà che volto dare al nuovo governo proprio in base alle consultazioni con le varie forze politiche. E dunque in base alle osservazioni e richieste mosse dai parlamentari. Il governo potrebbe esser puramente tecnico, o si potrebbe optare per una sorta di via di mezzo, con figure di carattere politico a comporre la squadra di governo, prese dalle forze politiche che daranno la fiducia al nuovo esecutivo. Una cosa al momento la sappiamo: il governo attuale, al di là dei connotati che assumerà, è un governo del presidente. Il governo del presidente è una formula politica che prevede che il presidente della Repubblica scelga il premier non attingendo da quelli indicati dalle forze politiche in campo. Per questo Mattarella aveva ribadito: è necessario “un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica“. Insomma, anche se all’interno della sua squadra avrà esponenti politici, non è un governo politico.
Si chiama governo del presidente perché al momento della scelta non c’è ancora una maggioranza definita e perché la scelta del presidente della Repubblica non rispecchia i nomi fatti dalle forze politiche. Mattarella in questo caso ha scelto autonomamente (anche se il nome circolava da tempo), e ora Draghi dovrà incassare la fiducia in Parlamento grazie a un programma piccolo ma preciso. Ma il governo del presidente può essere anche puramente tecnico, di scopo, istituzionale. E’ una formula che ingloba tutte le altre. Per esempio, il governo Monti del 2011 fu oggettivamente un governo del presidente, ma nella scelta della squadra di governo assunse le funzioni di un governo tecnico. Il governo tecnico si realizza quando la squadra di governo è composta da tecnici selezionati, e si presenta come squadra politicamente super partes.
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Una storia diversa per il governo Enrico Letta: il premier fu scelto nel 2013 da Giorgio Napolitano per superare lo stallo legato alle elezioni politiche. Secondo molti analisti anche quello fu un governo del presidente – riporta la Repubblica – ma non fu un governo tecnico come quello Monti. Per questo si parlò di “governo di larghe intese” (con il favore del Pdl) o – appunto – di governo del presidente. Parte della squadra era formata da componenti del Pd (e qualche Pdl e Scelta Civica). La parte restante da tecnici. Insomma, molto dipenderà dalla squadra di governo. Poi ci sono il governo di scopo e istituzionale: il primo è un governo che ha una componente politica ma viene formato esclusivamente per portare a termine obiettivi mirati e temporalmente circoscritti; il governo istituzionale si chiama così perché è guidato da un’alta carica delle istituzioni (come il presidente della Camera o del Senato), e ha il compito di sbrigare affari correnti e atti urgenti prima del voto.
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Insomma, il governo del presidente può voler dire governo puramente tecnico o anche no. Molto dipenderà dall’indirizzo che vorrà assumere Mario Draghi, ma ci sono i margini per credere che alla fine opterà per una via di mezzo, includendo nella squadra di governo anche esponenti politici. Anche perché, molto banalmente, ne ha bisogno: il no del M5s è legato al governo tecnico. Ma se questo nuovo esecutivo non fosse totalmente tecnico? I margini di dialogo si riaprirebbero. Oltretutto, questo governo sarà chiamato a decidere come investire i soldi del Recovery, non avrà prettamente una funzione contabile. Le decisioni che prenderà, che si voglia o no, saranno anche di carattere politico.
Ma a guardare la situazione da lontano, al netto della scala di grigi legislativa, la realtà è ben più chiara: la politica ha abdicato al suo ruolo (o è stata commissariata, che dir si voglia), la tecnica si riveste di politica per poter agire in maniera legittima, e lo fa anche per poter gestire risorse che richiedono, appunto, di un indirizzo politico. L’indirizzo politico sarà probabilmente dato dalla composizione della nuova maggioranza. Il problema è che la maggioranza che si verrà a creare non sarà rappresentativa di nulla. Questa legislatura è nata – purtroppo – nel solco dell’antieuropeismo (con Lega e M5s), e per i giochi fantasiosi della realtà finirà per esser guidata da un tecnico europeista che cercherà l’appoggio o della Lega o del Movimento 5 stelle. Nel mezzo si è cercato di trovare un nuovo punto di equilibrio con Pd e M5s, poi rapidamente l’ago della bilancia è stato spostato verso un’anima centrista che dialogasse anche con la destra moderata. Siamo ben lontani dalla rappresentatività, ben lontani dalla vecchia concezione di democrazia.
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