Il confronto tra Italia e Germania in tema di governabilità è impietoso: dal 1989 ad oggi in Germania 3 premier, in Italia 13.
Helmut Kohl dal 1989 al 1998. Gerhard Schroder dal 1998 al 2005. Angela Merkel dal 2005 ad oggi. Il primo e la terza a capo di governi di centrodestra, il secondo di centrosinistra. Questi i capi di governo che si sono succeduti in Germania negli ultimi trent’anni. Nello stesso arco temporale, in Italia, abbiamo avuto tredici premier, per un totale di sedici governi. Ed è da questo confronto che si spiega – anche – la differenza di performance tra il nostro paese e la “locomotiva tedesca”.
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Il tema della governabilità è strettamente collegato alle polemiche di questi giorni, se ci si pensa bene. La prospettiva di gestire 209 miliardi di euro sarebbe ancora più allettante se a guidare il paese fosse un governo con una lunga prospettiva. Perchè la Germania è così economicamente forte? Anche perchè è stabile. Governi di lungo respiro, in grado di decidere, di verificare le decisioni, di correggerle e di ottenere i risultati. In modo chiaro, lineare, comprensibile anche e sopratutto agli elettori.
Sono certamente tanti i motivi che determinano le differenze tra il nostro paese e la Germania: ma una riflessione va fatta. Non c’è dubbio che la governabilità sia un fattore importante tra quelli che determinano lo stato di salute economico e sociale di un paese. La politica italiana, fortemente divisiva, aveva cercato di superare la frammentazione politica all’inizio degli anni ’90: Tangentopoli aveva favorito un tentativo maggioritario e bipolare che aveva portato alle dinamiche politiche che hanno caratterizzato il ventennio Berlusconiano: due poli, uno conservatore e l’altro progressista, al cui interno agivano coalizioni che accoglievano i diversi partiti, che all’interno della coalizione stessa trovavano una sintesi politica. Più stabile a centrodestra, con Berlusconi a fare da collettore e terminale delle tensioni e dei malumori, più instabile a centrosinistra, con frequenti rimpasti e cambi di governo.
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Per capire: la legislatura che ha unito la caratteristica della maggior durata e della maggiore stabilità è stata la XIV°, che ha visto susseguirsi due governi molto simili: il “Berlusconi II” ed il “Berlusconi III”. Per il resto dai tre governi in su, oppure legislature interrotte prima della scadenza naturale. La situazione di ingovernabilità si è acuita con l’arrivo, sulla scena politica italiana, del Movimento 5 Stelle: una sorta di “terzo polo” che si è andato ad aggiungere ai consueti schieramenti di centrodestra e centrosinistra rendendo ancora più difficile la costruzione di alleanze e governi stabili. La situazione che stiamo vivendo è esplicativa in questo senso. Con una caratterizzazione politica simile è oggettivamente complicato immaginare riforme o previsioni di lungo respiro. Ne è dimostrazione la situazione estrema che si è creata in questa legislatura: uno stesso premier ma due governi opposti ed antitetici, con il secondo che avrebbe dovuto intervenire ed annullare alcuni provvedimenti adottati dal primo. Poi è arrivato il Covid che ha sconvolto agende e programmi, mettendo al centro la gestione della pandemia. E, da quando è stato deliberato, del Recovery Fund: se è vero che Mario Draghi può essere l’uomo giusto – per esperienza e background – in un momento storico del genere, bisogna però fare i conti con la composizione parlamentare frammentata che difficilmente garantisce una maggioranza coesa e quindi duratura. Una impresa difficile, per Draghi. Che mai come oggi, forse, invidia la stabilità e la governabilità della Germania.
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