Renzi, Conte e 5 Stelle: braccio di ferro che ci regala un governo tecnico

Lo scontro istituzionale a cui assistiamo da quasi un mese si sta risolvendo in direzione di un “governo del presidente”. Ma è una soluzione che fa bene al paese?

Tanto tuonò che piovve, si potrebbe dire. Perchè è fin dall’inizio della crisi che una parte delle analisi, dei commenti, delle previsioni convergevano sulla soluzione che sembra essere la più probabile al momento: governo istituzionale, di emergenza nazionale, “del presidente”, tecnico. Scegliete voi come definirlo, tanto politicamente cambia poco. Un governo affidato ad una figura “di alto profilo”, sostenuto da una maggioranza stabile, che sia in grado di affrontare le tre sfide enormi che il nostro paese ha di fronte: la gestione della pandemia, della crisi socio-economica e sopratutto dei soldi del Recovery Plan. Tre aspetti della stessa situazione, che vanno però affrontate nella loro specificità riuscendo ad integrare finalità politiche e strumenti tecnici.

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Per vedere approvati i vari progetti che poi saranno finanziati dall’Ue con i 209 miliardi promessi bisogna fare delle riforme. Esattamente quelle che Bruxelles ci chiede da anni, e che furono tra i motivi che nel 2011 portarono all’arrivo di Mario Monti ed Elsa Fornero. Ricordiamo tutti cosa significò quel governo: austerity, macelleria sociale, esodati, tagli. Il fatto che adesso ci sia la pandemia ed una crisi devastante alle porte non rende troppo diversa la situazione di oggi da quella di dieci anni fa: per avere il sostegno dell’Europa bisogna fare le riforme. Per cui non è impossibile che un possibile governo Draghi possa ricalcare almeno in parte le orme del governo Monti. Però immaginare austerity in questo momento (è una ricetta da cui l’Europa non sembra volersi o sapersi staccare) significa pensare a sofferenza sociale in più, non in meno.

L’Italia oggi ha bisogno di politiche espansive, che favoriscano i consumi e sostengano il reddito: scelte che soltanto la politica è in grado di prendere. La strada che si sta prendendo è però un’altra: riuscirà Draghi a conciliare esigenze “tecniche” a necessità, appunto, politiche? Non lo sappiamo. Ma è quello che ci troviamo a gestire, o meglio a subire, dal momento in cui la politica non è stato in grado di dare risposte alle esigenze della nazione. Il braccio di ferro tra Renzi e Conte prima, e tra Renzi ed il Movimento 5 Stelle poi, questo ha prodotto. L’incapacità di trovare un accordo, di piegare le proprie esigenze all’interesse nazionale, di arrivare ad un compromesso che poi è tra gli elementi centrali dell’attività politica ha trascinato l’Italia in una situazione di pericolosa incertezza.

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Di chi è la colpa? Di Matteo Renzi, che dall’alto del suo 3% scarso nei sondaggi ha deciso di anteporre la sua strategia politica all’esigenza di stabilità del paese? A Giuseppe Conte ed il Movimento 5 Stelle, che non hanno voluto ascoltare le sempre più numerose voci che richiedevano con urgenza un “tagliando” al governo? Del Pd, che invece di scegliere un sostegno quasi aprioristico di Conte avrebbe potuto cercare una mediazione diversa nei confronti di Renzi? A questo punto non è più rilevante, anche se le responsabilità ci sono e vanno tenute presenti: bisogna ora osservare la situazione reale e prenderne atto. Adesso la palla è nelle mani di Mattarella, che proverà a passarla a Mario Draghi. Ma non è detto che ci riesca.

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