Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale Mario Draghi per dar vita a un nuovo esecutivo. Naufragano, quindi, tutti i tentativi di dar vita a un Conte ter ricompattando la vecchia maggioranza. Ora si sollevano altri dubbi: che fine farà il M5s? E che fine farà Giuseppe Conte?
Le questione è non da poco, e precede lo stesso insediamento di Mario Draghi, convocato al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Draghi per governare dovrà ottenere la fiducia del Parlamento e – inevitabilmente – il suo governo di “alto profilo” risentirà dell’orientamento delle forze politiche che gli hanno dato la fiducia. In questo senso rappresenta uno scenario tutto da scoprire il no netto arrivato dal Movimento 5 stelle. Lo ribadisce in maniera inequivocabile il capo politico del M5s Vito Crimi, che su Facebook scrive: “Il MoVimento 5 Stelle, già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l’unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi“. Su questo, però, le anime all’interno del Movimento si dividono. Tanti i malumori tra chi non voleva riaprire un dialogo con Italia viva e chi voleva riaprirlo, tra chi voleva Conte a tutti i costi e chi no (come Alessandro Di Battista). In quest’ultima frangia sono in molti a non volere neanche il governo tecnico. Altri si dicono pronti a giocarsi l’ultima carta.
Così il M5s rischia l’implosione, tanto che oggi alle 15 è prevista un’assemblea congiunta. Un deputato grillino riferisce a Open: “Vedremo cosa avranno il coraggio di dirci in assemblea visto che, anche questa volta, hanno preso una decisione per tutti senza coinvolgerci. Sinceramente, però, non spero chissà in quali chiarimenti. Da tre anni a questa parte, le riunioni con questo ordine del giorno servono a i big per far uscire una determinata linea politica che deve arrivare alla stampa: sono assemblee organizzate esclusivamente per quello, in cui tutto ci viene riferito nei primi 15 minuti”. In tutto questo, Giuseppe Conte. Quello che era stato definito l’ultimo punto di equilibrio dei grillini, l’ago della bilancia per evitare l’implosione (secondo alcuni). Ora anche Giuseppe Conte – che ufficialmente non ha mai fatto parte del Movimento – dovrà pensare per sé. E sembra che un profilo politico ce l’abbia già. Lontanissimo dalle frange più estreme del Movimento, dialogante con un più istituzionale Di Maio, ma sicuramente vicino alle posizioni politiche moderate, centriste, europeiste, liberali. E sempre più vicino a una parte del Pd.
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Per questo sorge legittima la domanda: quanto varrebbe un partito Conte alle prossime elezioni? E come si comporrebbe? Alla prima questione sembrano già aver risposto i sondaggi. Secondo un sondaggio Ixè dell’Osservatorio politico nazionale se Conte decidesse di correre per conto proprio otterrebbe il 13,5% dell’elettorato. E qui sta la falce per il Movimento, attualmente al 15,4%: il M5s perderebbe un terzo dei suoi elettori se la lista Conte dovesse nascere seriamente, arrivando al 10,4%. Insomma, stando al sondaggio il quadro è chiaro: se Conte decidesse di crearsi una lista propria, otterrebbe più voti del Movimento. Una debacle che al momento è solo nel mondo delle ipotesi, ma per la quale si stanno già facendo le prime prove generali. La prima prova sul campo è stata ovviamente quella della ricerca dei responsabili, con la quale Conte ha creato attorno a sé un primo nucleo di sostenitori. Certo, si trattava di una situazione emergenziale e il metodo con cui questi sostenitori sono stati attirati era sotto gli occhi di tutti. Eppure, c’è un altro esperimento in campo.
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A riportarlo è La Repubblica, che parla di un vero e proprio “modello Puglia”: nella terra dell’ormai ex premier il progetto di realizzare un partito proprio sembra in fase più avanzata rispetto alle altre realtà politiche italiane. E a chi si è appoggiato il nuovo nucleo di consensi attorno a Conte? Al presidente di regione Michele Emiliano, Pd. Al momento a raccogliere tutte le liste civiche in un unico soggetto politico è stato Giovanni Procacci, consigliere politico del presidente di regione. Il prossimo passo – sostiene La Repubblica – potrebbe essere dirottare questo nuovo esperimento sulla figura di Conte. Il primo esperimento si è dimostrato già vincente: Emiliano ha vinto le elezioni a settembre scorso “aprendo soprattutto all’area di centro, ma anche a movimenti, associazioni e quant’altro. E così facendo hanno vinto senza il Movimento 5 Stelle. In Puglia, poi Emiliano ce l’ha fatta finanche senza Italia Viva“, ha ricordato Mastella. Poi la saldatura finale, questa volta con il M5s: Emiliano nei giorni scorsi ha fatto entrare in giunta un’esponente 5 stelle (Rosa Barone assessora al Welfare). E da chi sarebbe sorretto questo ibrido? Come anticipato prima, da una fitta schiera di liste civiche centriste. Giovanni Procacci ha già cercato di riunirle sotto il segno di una nuova identità politica: “Vogliamo capitalizzare questo mondo civico – ha dichiarato Procacci a Repubblica – e dargli un punto di riferimento per le elezioni politiche“. Che sia l’inizio di una lista Conte? Chi può dirlo, di certo gli esperimenti ci sono, anche se molti sono ancora i nodi da districare. Ma una cosa è certa. Se la lista Conte dovesse avere seguito, per i 5 stelle si riproporrebbe la drastica scelta: o Conte o linea ortodossa.
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