I numeri
Il fronte dei responsabili guadagna leggermente terreno attraverso la creazione del gruppo parlamentare Europeisti-Maie-Centro democratico. Nel Maie sono confluiti deputati eletti con il M5s e un senatore. Il Centro democratico è invece il partito di Bruno Tabacci, che ha a sua volta accolto diversi deputati nel corso dell’attuale crisi politica. In Senato il gruppo parlamentare avrebbe raccolto una decina di senatori, il minimo indispensabile per la costituzione di un gruppo parlamentare in Senato, secondo il regolamento. Inoltre, la situazione non sembra smuoversi rispetto ai numeri della fiducia al governo della scorsa settimana: il gruppo sarebbe composto dai parlamentari che già avevano appoggiato il governo. I numeri, quindi, non sembrano salire. Al calcolo inoltre vanno sottratti i 3 voti dei senatori a vita, che avevano votato la fiducia ma che tendenzialmente non partecipano ai lavori di Palazzo Madama. Facendo un calcolo, più o meno verosimile, attualmente il governo potrebbe contare su 154 senatori, sette in meno rispetto alla soglia dei 161 voti (che risulterebbe risicata nelle commissioni, tra l’altro). Il gruppo parlamentare potrebbe raccogliere nelle prossime ore ulteriori adesioni, in modo da rinforzare la compagine e in modo da fare a meno di Italia viva. Ma non è detto, anzi.
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Altre ipotesi
Per questo le forze di maggioranza tornano a ragionare su altre ipotesi alternative. Con il rientro in campo di Italia viva bisogna capire se ci sono gli estremi per un recupero dei rapporti tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Quest’ultimo ha lanciato un appello rivolto a tutti gli europeisti in un post Facebook, Italia viva dice di non voler porre veti sul nome di Conte. Ma il passato è veramente alle spalle? Oltretutto, perché tutto questo avvenga, perché si torni alla vecchia maggioranza con un nuovo patto di legislatura, il M5s e Pd dovrebbero a loro volta dare la loro disponibilità. E su questo punto i partiti si spaccano. Durante le consultazioni Pd, M5s e LeU sosterranno il nome di Conte. Ma c’è già chi guarda avanti, come il capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci, renziano, che stando a quanto riportato dal Corriere sostiene l’esigenza di non rimanere schiacciati a tutti i costi sul nome di Conte. Mentre le dichiarazioni ufficiali negano, tra i corridoi di palazzo si pensa già ad altri nomi alternativi. E la fila è lunga: Roberto Fico, Luigi Di Maio, Dario Franceschini, Guerini. C’è anche chi tira fuori il nome di Mario Draghi, che però appare legato all’ipotesi di un governo di unità nazionale. Chissà.