Come era ampiamente previsto, termina l’esperienza politica del governo Conte II. Ora l’ex premier è atteso al Quirinale dal presidente della Repubblica.
La tabella di marcia prevista per questa mattina sta procedendo come era immaginabile. Giuseppe Conte si è dimesso. comunicando la decisione in Consiglio dei Ministri. Dopo aver ringraziato la sia squadra di governo, l’ex premier (che potrebbe anche tornare ad esserlo a breve) è atteso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che adesso prenderà le redini di questa crisi parlamentare. Quello che appare evidente è che l’esperienza del governo Conte II è finita. Dopo lo strappo di Matteo Renzi ed il passaggio in Parlamento, con la fiducia assoluta ottenuta alla Camera e quella relativa strappata al Senato, sembrava che la situazione volgesse a vantaggio del premier e del suo governo. Ma nonostante i tentativi, i numeri non ci sono, e di conseguenza i conti non tornano.
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I “resposnabili”, di cui tanto si è parlato, non hanno fatto un passo avanti. La maggioranza, priva ovviamente dell’apporto di Italia Viva, non è sufficiente a dare al governo quel “respiro a lungo termine” che il presidente della Repubblica si attende. E di cui, aggiungiamo, il paese ha disperatamente bisogno. Con il Recovery Fund da gestire, la campagna vaccinale da far ripartire, la pandemia ancora in corso, una crisi economica che sta per esplodere e che si annuncia potenzialmente devastante, c’è bisogno di un governo che sia in grado di governare: sembra un gioco di parole, ma non lo è. Il nodo sta tutto qui: se da una parte è vero che innescare una crisi istituzionale in questo momento è apparsa una decisione folle, è altrettanto evidente che l’esecutivo da mesi non stava dimostrando di avere le idee chiare su come gestire una situazione epocale e drammatica. Toppi errori, troppi ritardi, troppa confusione, troppi equilibrismi: il governo “giallo-rosso”, nato da un tentativo fallito di “all-in” pokeristico di Matteo Salvini, già dall’inizio mostrava una fragilità forse eccessiva.
Troppo precaria la compatibilità tra Pd e Movimento 5 Stelle, si pensava. Acerrimi nemici fino a qualche minuto prima, e poi alleati di governo. Non poteva durare: ma poi è arrivata la pandemia di coronavirus. Tutti sappiamo come è andata: fino a quando si è trattato di chiudere gli italiani in lockdown (che poi nemmeno è vero) il governo ha vissuto una sorta di idillio con il paese, spaventato ed incredulo. Quando poi si è trattato di gestire, sono venuti fuori tutti i limiti ed i problemi di una maggioranza troppo eterogenea per essere vera. Ed anzi, il compromesso tra M5S e Pd ha anche tenuto, se pur con qualche scricchiolio.
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Ma Matteo Renzi no: è il compromesso “triangolare” tra lui, il PD ed i cinque stelle che non ha tenuto. La conseguenza la stiamo osservando: partita pericolosa, per tutti. Se si torna al voto, al governo ci va il centro destra, e lo stesso Renzi rischia di trovarsi fuori dal parlamento (i sondaggi lo vedono ai minimi termini). Se si prova a proseguire con la legislatura, è molto difficile immaginare maggioranze in grado di avere quella tenuta sul lungo termine che serve. Ci sono le larghe intese, o l’ipotesi di governo tecnico, e forse anche qualche sorpresa inattesa. Ma è tutta astrazione al momento. Adesso interessa la cronaca politica, e per le prossime 48 ore tutti gli occhi devono essere necessariamente puntati sul Quirinale, e sulle mosse del presidente della Repubblica. A cui facciamo, sinceramente, un grosso in bocca al lupo.