Gli aiuti forniti dall’Inps durante l’emergenza sanitaria hanno provocato un buco da quasi 16 miliardi nel bilancio della società.
O continuano a essere erogati gli aiuti per l’emergenza Covid, oppure vengono pagate le pensioni degli italiani. È questo il senso dell’allarme lanciato da Gugliemo Loy, ex segretario confederale della Uil e attuale presidente del Civ (Consiglio di indirizzo e verifica) dell’Inps, in un’intervista rilasciata a La Repubblica. Il motivo sarebbe che “c’è un buco di quasi 16 miliardi nel bilancio” della società di previdenza sociale, che andrebbe risanato dal governo per garantire il corretto funzionamento dell’istituto.
Ma perché dovrebbe essere lo Stato ad appianare i debiti dell’Inps? Perché l’Inps ha anticipato i fondi necessari per coprire le Cig (cassa integrazione guadagni) Covid, attingendo dalle sue casse. “Ben 15,7 miliardi sono un buco creato dalla Cig Covid, una misura straordinaria introdotta dal governo quando ha chiuso il Paese. E che però è stata anticipata da Inps attingendo ai suoi fondi“, ha detto l’ex sindacalista. In altre parole, le Cig sono state pagate con i contributi degli italiani degli ultimi anni. Quelli che di solito servono a pagare le pensioni dei cittadini.
“Se non viene ripianato – ha infatti aggiunto Loy – quando si tornerà all’ordinario l’Inps rischia di non avere le risorse, che ricordo sono frutto di contributi di imprese e lavoratori, per erogare le prestazioni. O doverle ridurre”. Quindi la spesa dell’Inps di quasi 16 miliardi si andrà ad aggiungere al livello di deficit pubblico da guerra mondiale raggiunto dall’Italia nel 2020. Fondi che l’Italia non ha mai avuto e continua a prestito dalle generazioni future, accrescendo esponenzialmente il debito.
La situazione è ancora più preoccupante se si pensa al fatto che gli aiuti Covid contribuiscono a far aumentare il debito pubblico, e non sono nemmeno completamente efficaci. Milioni di lavoratori, infatti, hanno aspettato per mesi i soldi della Cassa integrazione. Ad alcuni, invece, non è proprio mai arrivata. Se è necessario erogare degli aiuti, che venga fatto per bene. Infatti ha aggiunto Loy: “Due mesi per ricevere la Cassa integrazione sono troppi. Dovremmo scendere a uno e rafforzare gli assegni molto bassi”.
Nonostante le prestazioni poco performanti, il presidente del Civ Inps ha ammesso che “c’è un miglioramento rispetto a inizio pandemia”, perché la società “con fatica ha cercato di velocizzare le procedure”. Lo sforzo, tuttavia, non basta. I tempi medi di attesa per ricevere gli indennizzi sono ancora “eccessivi, occorre dimezzare”, ha detto ancora Loy. E ha specificato: “Anche perché non c’è solo un problema di tempo. Qui c’è una questione di bacino da svuotare, di domande incagliate da ripulire”. Insomma, in questa questione anche l’Inps ha le sue responsabilità. Ma per risolverle, basterebbe che il governo di assumesse la responsabilità di rischiare.
In che senso? Lo ha spiegato sempre l’ex sindacalista: “Bisognerebbe autorizzare subito la domanda, erogare il 60-70 per cento dell’importo e posticipare i controlli. Ma ci vuole il coraggio del rischio”. In altri termini, ciò che causa i ritardi eccessivi è il tempo passato a controllare le pratiche. Approvando prima le richieste, e verificandone dopo la legittimità, si risparmierebbe tempo. Ma la responsabilità è troppo grande: l’Italia, si sa, è piena di “furbetti”.
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Ma perché l’Inps ancora non riesce a stare dietro alle domande, anche se l’emergenza sanitaria è scoppiata quasi un anno fa? “Purtroppo il sistema informatico non è stato tarato a sufficienza per lavorare milioni di domande”, ha spiegato Loy. E non è una novità: negli ultimi anni – in ogni occasione, dal reddito di cittadinanza ai bonus – l’istituto di previdenza sociale ha dimostrato di non saper gestire l’arrivo massiccio di richieste. “D’altro canto, l’informatica da sola non basta a sciogliere le pratiche complicate, quelle col codice fiscale che non torna, l’azienda con più posizioni da verificare e così via”, ha raccontato il presidente del Civ Inps.
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L’ipotesi che l’Inps non riesca a erogare le prestazioni standard è “estrema, non certo peregrina”, ha detto infine Loy. Ma, ha aggiunto, “se l’anticipazione di Inps sulla Cig Covid è strutturale allora si trasforma in credito dello Stato. Chiediamo che venga sanato per non minare la sostenibilità del bilancio dell’Istituto. Tra l’altro il rosso da 20 miliardi che indichiamo nel documento si basa sulle ottimistiche stime della Nadef per il Pil 2021. Corretto dal punto di vista contabile, ma non rassicurante”. Infine, ha ammesso, l’unica soluzione è che “il legislatore dovrebbe intervenire prima di mettere a rischio la sostenibilità e dunque le prestazioni di Inps“.
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