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Viviamo in tempi di guerra? A guardare il deficit dell’Italia sembra di sì

Mentre le forze di maggioranza cercano di districare la matassa dell’attuale crisi politica, mentre si attende una revisione del Recovery plan in base ai feedback della Commissione europee, a che punto sono i nostri conti pubblici?

MeteoWeek.com (da Getty Images)

In questi giorni si è discusso molto di geometrie parlamentari, della caccia ai responsabili, di chi avrebbe votato cosa. Tra le votazioni portate in Parlamento a seguito della fiducia a maggioranza relativa ottenuta in Senato, anche lo scostamento di Bilancio, finalizzato a fornire le risorse necessarie per finanziare ulteriori Ristori. Il provvedimento è stato votato a maggioranza assoluta, Italia viva ha mantenuto la promessa di votare a favore. Eppure, quasi nessuno si è chiesto se ce lo potevamo permettere. Un po’ perché – paradossalmente – non possiamo permetterci di chiedercelo: con le chiusure prolungate predisposte dal governo per contenere la pandemia, una sospensione o riduzione degli aiuti è fuori discussione. E un po’ perché in fondo abbiamo allargato le maglie del debito pubblico ed è molto facile cavalcare l’onda: sono soldi veloci, presi a prestito dalle generazioni future, mentre l’emergenza è ora.

Eppure, uno studio pubblicato sulla Repubblica – a firma di Carlo Cottarelli e Stefano Olivari – mostra un quadro inquietante: il livello di deficit pubblico raggiunto nel 2020 è molto più elevato di quello osservato negli anni ’70 e ’80, ed è simile ai deficit osservati nel corso della prima e della seconda guerra mondiale. Ovviamente, per fare questo tipo di calcolo è necessario tener conto del tasso di inflazione. Di primo acchito potrebbe sembrare che l’attuale deficit si avvicini a quello fatto ad esempio negli anni ’80. Ma il punto è che all’epoca l’inflazione era elevata e gonfiava artificialmente il deficit. Tenendo conto di questi fattori si può calcolare quello che viene definito deficit operativo, che ci mostra una realtà diversa: un deficit operativo simile a quello attuale appariva all’inizio degli anni ’40 (8,7 % del Pil nel 1940). Nel 2020 il deficit operativo si scosta di poco da quello misurato convenzionalmente grazie alla bassa inflazione. Ecco allora che nel 2020 il rapporto tra deficit e Pil ha raggiunto la vetta di 180 miliardi, ovvero il 10,8% del Pil; mentre il deficit operativo sarebbe del 9,2%. Contando l’ultimo scostamento di Bilancio e assumendo che sia l’ultimo, nel 2021 il deficit operativo dovrebbe scendere al 7,6%, riporta la Repubblica. Non lontano dai valori degli inizi degli anni ’40.

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I pareri di Bce e dell’Ufficio parlamentare di Bilancio

A questo quadro si aggiungono i report della Bce, presentati circa due settimane fa. Nel Bollettino economico la Bce sottolinea come l’Italia – insieme a Spagna, Francia e Slovacchia – registrerà nel 2021 i disavanzi più elevati dell’Eurozona, con percentuali superiori al 7,5%. Tuttavia, “in ragione della brusca contrazione dell’economia dell’area dell’euro, un orientamento di bilancio ambizioso e coordinato rimarrà essenziale fino a quando non si registrerà una ripresa duratura“. Lo scrive la Bce nel bollettino economico, dopo che la Commissione europea, per Belgio, Grecia, Spagna, Francia, Italia e Portogallo, ha chiesto di prestare una maggiore attenzione alla sostenibilità di bilancio a medio termine. La Bce presenta quindi una nota di cautela sulle richieste di Bruxelles di fare attenzione al debito: secondo la Bce occorre salvare la ripresa continuando a fare deficit. Almeno finché le risorse del Next Generation Eu non saranno completamente operative.

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A completare il quadro, l’ultima nota dell’Ufficio parlamentare di bilancio che ribadisce quanto scritto lo scorso 22 dicembre. Questa volta a preoccupare sono le prospettive di crescita: “Anche prefigurando un rapido recupero ciclico a partire dalla primavera, appare difficile la realizzazione dell’obiettivo programmatico del Governo per il Pil indicato nella Relazione al Parlamento del 14 gennaio 2021 come un evento non irrealistico. Nello scenario della Nadef sulla recrudescenza della pandemia, il Mef stimava che la nuova ondata avrebbe potuto impattare negativamente per circa 2,5 punti percentuali sul PIL del 2021. Le previsioni più recenti di istituzioni e analisti privati si orientano verso una crescita dell’economia italiana nel 2021 compresa tra 3,5 e 4,8 punti percentuali”. Il ministro dell’Economia Gualtieri aveva prospettato una crescita del 6%. Insomma, la prospettiva di ripresa presentata dal ministro dell’Economia, allo stato attuale delle cose, dovrebbe esser rivista. Colpevole anche il rallentamento nella distribuzione dei vaccini ad opera dell’azienda Pfizer. Per questo, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, oggi “il trascinamento statistico della battuta d’arresto stimata per il trimestre scorso e la debolezza dei ritmi produttivi che si delinea per i mesi invernali inducono tuttavia a ridurre la prospettiva di crescita sul 2021 di almeno un punto percentuale”. Avvisaglie pericolose, per un Paese con una maggioranza debolissima, un Recovery plan da rafforzare e vari altri sostegni da finanziare.

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