Il killer di Lecce ha scritto alcuni dopo il suo trasferimento in carcere. Antonio De Marco scrive: “Se fossi all’esterno l’impulso di uccidere sarebbe tornato”.
“Se fossi all’esterno il mio impulso di uccidere sarebbe ritornato“. Inizia così uno dei pensieri espressi da Antonio De Marco, pochi giorni dopo aver varcato la soglia del penitenziario in cui sta scontando la sua pena. Il 21enne nativo di Casarano, accusato di aver ucciso Daniele De Santis e la sua compagna Eleonora Manta, avrebbe fatto alcune riflessioni in seguito all’inizio della sua detenzione. E li avrebbe riportati su alcuni fogli, che gli sono stati sequestrati alcune settimane fa. Pensieri che, a rileggerli adesso, fanno paura.
Stando a quanto si legge sulla Gazzetta del Mezzogiorno, in questi manoscritti emergono i lati più oscuri di una persona tutt’altro che stabile mentalmente. Antonio De Marco, infatti, sembra quasi apprezzare quella parte di lui che, se ne avesse l’opportunità, ucciderebbe ancora. “Certe volte sento di essere un vero e proprio mostro e la cosa peggiore è che sento che ad una parte di me piace questa idea…“. Questo è quello che viene fuori dai pensieri di un ragazzo che, dopo aver studiato un piano nei minimi dettagli, ha ucciso due persone che si fidavano di lui.
Lo ha ammesso chiaramente in uno dei manoscritti che gli sono stati sequestrati: “Io ho ucciso Daniele ed Eleonora perché volevo vendicarmi: perché la mia vita doveva essere così triste e quella degli altri così allegra?“. Uno stato di invidia e di sofferenza che lo aveva ormai sormontato. “Se fossi all’esterno il mio impulso di uccidere sarebbe ritornato – prosegue il flusso dei pensieri di Antonio De Marco – , sarei scoppiato a piangere, mi sarei arrabbiato, avrei fantasticato su come uccidere qualcuno e poi sarei andato all’Eurospin a comprare patatine e schifezze varie“.
De Marco, attraverso questo autentico fiume in piena di pensieri a dir poco tremendi, fa dunque capire che il suo stato mentale lo porterebbe ad uccidere ancora. E lo ribadisce: “È facile per me uccidere, magari non lo è stato da un punto di vista logistico, ma da un punto di vista emotivo è facile. Ma se uccidere non mi ha fatto ottenere nulla, allora probabilmente sentirei l’impulso di farlo ancora?“. Una personalità a dir poco violenta e che non può essere lasciata libera. E non solo per aver spezzato due giovani e felici vite.
“Questo omicidio poi è la cosa che più mi spezza – scrive – : una parte di me prova dispiacere, un’altra è contenta….sì! È felice di aver dato 60 coltellate, poi c’è un’altra parte che avrebbe voluto fare una strage, come se fosse stata una partita a G.T.A.“. E nel suo flusso di (presunta) coscienza, Antonio De Marco ripensa a un altro momento della sua vita dietro le sbarre: “L’altro giorno è successa una cosa strana, mentre leggevo “Cime Tempestose”. Ho ricordato quella sera, la sera dell’omicidio, ma non come faccio sempre, è stato molto più forte. E per la prima volta ho provato un vero dispiacere per quello che ho fatto, forse ero addirittura vicino a piangere. Però se ci penso adesso non sento le stesse cose, non sento niente e basta, ma forse mi sto avvicinando ad un vero pentimento“.
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