Sono indagati per omicidio colposo 11 medici dell’Humanitas di Rozzano, nel Milanese, dove venne ricoverata per oltre un mese Imane Fadil, una delle testimoni ‘chiave’ del caso Ruby, morta il primo marzo 2019 per un’aplasia midollare.
Da accertare se vi sia un nesso tra il decesso e la condotta dei sanitari
Le iscrizioni nel registro degli indagati con informazioni di garanzia per i medici, nell’inchiesta del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e del pm Luca Gaglio, sono un passaggio obbligato alla luce di una nuova consulenza per accertare, come ordinato dal gip nelle nuove indagini, se ci sia un “nesso” tra il decesso e la “condotta dei sanitari” e se la “malattia” poteva essere diagnosticata prima.
“Humanitas esprime ferma convinzione dell’assenza di responsabilità a carico dei professionisti che si sono prodigati nelle cure di Imane Fadil, esprimendo un’altissima competenza professionale e appropriatezza delle cure”. Lo ha spiegato lo stesso istituto di Rozzano (Milano), dove venne ricoverata la testimone ‘chiave’ del caso Ruby (morta il primo marzo 2019), a seguito delle informazioni di garanzia per 11 medici nelle nuove indagini per omicidio colposo disposte dal gip di Milano. “A seguito delle decisioni del GIP – secondo quanto riportato nella nota – gli avvisi di Garanzia ora emessi dalla Procura consentiranno ai sanitari coinvolti di meglio dimostrare la linearità dei loro atti, anche grazie al contributo di propri consulenti tecnici”. “Da subito l’Istituto – spiega Humanitas – ha collaborato alle indagini e ha fornito tutti i chiarimenti necessari all’Istruttoria, al punto che i PM avevano chiesto l’archiviazione del caso non ravvisando alcuna colpa medica”.
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Il gip Alessandra Cecchelli, infatti, una ventina di giorni fa aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura che, con una consulenza affidata ad esperti, aveva escluso l’iniziale ipotesi di avvelenamento con sostanze radioattive (era stato aperto un fascicolo per omicidio volontario), ma anche profili di colpa medica. Ora nelle nuove indagini la Procura disporrà una nuova consulenza, in contraddittorio tra le parti e dunque anche alla presenza di consulenti delle difese, per accertare se ci sia o meno un “nesso” tra la morte e la “condotta dei sanitari” e se, tra le altre cose, la “malattia” poteva essere diagnosticata prima.
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Il gip ha stabilito che sono necessari “ulteriori approfondimenti” per valutare se “fosse prevedibile ed evitabile la emorragia gastroesofagea che ha determinato la morte”, se fosse “possibile un accertamento più tempestivo della diagnosi” e se si “poteva evitare il decesso” con “le cure del caso”. Il giudice ha accolto parte delle richieste dei familiari di Fadil, assistiti dai legali Mirko Mazzali e Nicola Quatrano. La “terapia di supporto e steroidea”, ha scritto ancora il gip, “era dettata da un quadro clinico non correttamente interpretato dai sanitari che giungono alla diagnosi di aplasia solo pochi giorni prima del decesso”.