La frase esplicitamente sessista uscita dalla bocca del giornalista Alan Friedmann su Rai 1 dovrebbe portare a fare una riflessione sul tema.
In Italia siamo al paradosso. La cultura femminista che combatte per l’uguaglianza di genere sembra valere soltanto se usata contro qualcuno di destra. Non sempre e in ogni circostanza, al di là della propria visione politica, come invece dovrebbe essere. Il riferimento è alle parole del giornalista Alan Friedmann, proferite durante la trasmissione Uno Mattina, su Rai Uno.
Durante il programma il commentatore è intervenuto parlando dell’uscita dell’ex presidente Donald Trump dalla Casa Bianca: “Trump si mette in aereo con la sua escort… con la sua moglie, e vanno a Mar-a-Lago, vanno in Florida”, ha detto. E se non è sessista definire “escort” l’ex First Lady americana – che certamente nella vita non fa la sex worker – ci chiediamo allora cosa possa esserlo.
E non è solo sessista. È anche volgare e di bassissimo livello culturale. Eppure non sembra aver indignato più di tanto gli ospiti presenti in studio: dai conduttori Monica Giandotti e Marco Frittella, alla giornalista Monica Maggioni, passando per il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, in collegamento video. Anzi, in sottofondo si sentivano risatine divertite dalle parole di Friedmann.
Di fronte a questo siparietto, cosa dovrebbe pensare un telespettatore? Forse che in Italia la battaglia contro la cultura sessista è valida solo in alcuni ambiti? Che un appellativo vergognoso non è così grave se pronunciato da un commentatore storicamente di sinistra? È assurdo anche solo pensarlo, ma sembra essere così nel nostro Paese. Se una frase del genere avesse osato dirla un Vittorio Sgarbi, le reazioni – e probabilmente anche le conseguenze – sarebbero state ben diverse.
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Un episodio del genere non può che far nascere una riflessione profonda. La cultura radicalmente misogina e basata sulle differenze di genere che ancora persiste in Italia va combattuta con ogni mezzo e di fronte a qualsiasi persona. Dovrebbe essere un valore da seguire universalmente, senza distinzioni ideologiche. E per superarla bisogna avere il coraggio di andare oltre la politica.
E non è sufficiente una giustificazione – che sa tanto di arrampicata sugli specchi – da parte del giornalista statunitense. Non basta dire che nella sua mente stava traducendo il termine “accompagnatrice”, che sarebbe risultato forse meno grave ma sicuramente ugualmente sessista. Anche perché con le sue parole ha dato adito a voci che giravano già da anni.
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Infatti non è la prima volta che Melania Trump viene additata come escort. Nel 2017 il Daily Mail aveva perso una causa con l’allora First Lady americana per aver scritto un articolo su un presunto passato da escort, accompagnato da una grande foto di lei nuda, scattata ai tempi del suo lavoro da modella.
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