La Procura di Roma, nonostante la mancata collaborazione da parte del Cairo, ha richiesto il rinvio a giudizio per quattro agenti dei servizi segreti egiziani.
Non è mai arrivata, in cinque anni, la collaborazione da parte dell’Egitto sul caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ucciso nel 2016. E stavolta è ufficiale: il governo di al-Sisi non ha cambiato orientamento, anzi resta indifferente di fronte alla conclusione delle indagini preliminari italiane. Non sono bastati i numerosi appelli – nel corso di questi anni – alla collaborazione e alla ricerca comune di una verità giudiziaria. Non è stato sufficiente il lavoro di volontari e attivisti che nel tempo hanno chiesto trasparenza nei rapporti diplomatici che intercorrono tra Roma e Cairo. Ma a che punto siamo con le indagini?
È arrivata lo scorso dicembre 2020 la notizia che l’Egitto, una volta e per tutte, non avrebbe continuato le indagini sugli assassini di Giulio Regeni. Né tantomeno avrebbe collaborato con il nostro Paese, se di collaborazione si può parlare in base a quanto fatto finora. La comunicazione è avvenuta tramite un comunicato congiunto della procura generale egiziana e della procura della Repubblica di Roma. Ed è arrivata dopo anni in cui, a più riprese, era stata chiesta per l’ennesima volta la collaborazione da parte degli inquirenti egiziani. Inquirenti che mai – in cinque anni – hanno fornito gli indirizzi degli indagati per notificare loro gli atti.
“Il procuratore generale egiziano nel prendere atto della conclusione delle indagini preliminari italiane, avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”, è scritto sul documento. Un duro colpo da accettare, specialmente per i parenti e i genitori del ricercatore friulano. “In ogni caso – conclude il comunicato – la Procura generale d’Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla Procura della Repubblica di Roma”.
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Non è passato molto tempo prima che i magistrati di piazzale Clodio chiedessero il processo per i quattro 007 della National Security finiti sotto inchiesta per concorso in sequestro di persona. L’indagine si basa sul copioso materiale probatorio raccolto in questi anni dal pool di investigatori di Ros e Sco. È infatti avvenuto in questi giorni, a meno di due mesi dalla chiusura delle indagini preliminari. La Procura di Roma ha quindi chiesto il rinvio a giudizio per Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, con le accuse di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate.
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Per comunicare la richiesta di rinvio a giudizio, la Procura di Roma ha diffuso una nota. “Nel procedimento per il sequestro e la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni, non essendo intervenuto alcun fatto nuovo dopo la notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio negli uffici del Giudice dell’udienza preliminare nei confronti dei quattro cittadini egiziani appartenenti agli apparati di sicurezza”, ha scritto la Procura capitolina. Per non lasciare irrisolto un caso che coinvolge un giovane accademico, il cui corpo era stato ritrovato nove giorni dopo la morte, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo.
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