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“Ora rafforzare la maggioranza”, dice Conte. In che modo? Possibili scenari

Il governo Conte II incassa la fiducia anche al Senato, con una maggioranza relativa. Anche se è abbastanza per tenerlo in piedi, i numeri non sono favorevoli, e si rende evidente il bisogno di rafforzare la maggioranza. Lo conferma il premier Conte, lo conferma il segretario del Pd Nicola Zingaretti, e lo chiede anche il Colle, che aveva già fatto sapere di non volere una maggioranza raccogliticcia e senza progetto politico. Ma chi potrebbe entrare in maggioranza?

MeteoWeek.com (da Getty Images)

Il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere questa maggioranza ancora più solida”, scrive il premier Giuseppe Conte su Twitter, dopo aver incassato un voto di fiducia a maggioranza relativa (156 voti a favore, 140 contrari e 16 astenuti). Effettivamente il rischio è che con questi numeri ci si trovi di fronte un paradosso: il governo è salvo, ma non può agire. Non potrebbe farlo perché dipenderebbe notevolmente dalle posizioni e dai veti di Italia viva, perché rientrano nel computo dei voti favorevoli tre senatori a vita che solitamente non prendono parte ai lavori dell’aula, perché solo in tre Commissioni il governo otterrebbe la maggioranza. Nelle Commissioni “strategiche” Affari costituzionali e Bilancio (dove tra l’altro transiteranno la legge elettorale proporzionale e Recovery plan), si verrebbe a creare una situazione di pareggio, il che vuol dire di bocciatura.

A quel punto si creerebbe un circolo vizioso in cui il premier potrebbe non esser in grado di attuare quanto promesso in primis al Pd: la legge elettorale proporzionale. Insomma, la maggioranza va allargata. E lo sa bene anche il segretario Pd Nicola Zingaretti che il giorno dopo il voto afferma: “Ora è il momento di voltare pagina, di rafforzare la forza parlamentare del governo. Perché è un governo che trova la sua legittimazione nel voto parlamentare. Vinceremo anche sul pacchetto delle riforme parlamentari: il combinato disposto del taglio dei parlamentari e l’attuale legge elettorale non va bene. Noi non molliamo di un millimetro”. Così come lo sa il Colle, che aveva chiesto di evitare una maggioranza raccogliticcia e senza un progetto politico. Conte va avanti, nella speranza di accontentare le richieste di alleati e Quirinale con il tempo, con un paziente lavoro di tessitura. Ma a chi si rivolgerà?

Leggi anche: Conte incassa la fiducia. Ma il prezzo da pagare potrebbe essere molto alto

I responsabili già emersi

MeteoWeek.comPer capirlo potrebbe essere utile – ancora una volta – analizzare la compagine di chi al di fuori della maggioranza ha votato sì. Il punto è capire se si tratta del cedimento di singoli parlamentari o di pezzi di opposizione che aderiscono al programma presentato dal premier. In realtà, la maggioranza raccoglie frammenti di altri partiti, ma non un nuovo profilo organico, non un’alleanza, non un progetto politico attualmente condiviso. Votano sì due senatori di Forza Italia e tre senatori a vita, mentre il gruppo di Italia viva si astiene con 16 senatori su 18 (Riccardo Nencini ha votato sì, Donatella  Conzatti è risultata assente). Da Forza Italia arriva un sì preannunciato, quello dell’ex Pd e Scelta Civica Andrea Causin. L’altro sì invece sorprende molto: si tratta di Maria Rosaria Rossi, da anni una figura molto vicina al Cavaliere. La senatrice Rossi però era ormai giunta ai margini del partito per una serie di dinamiche interne e questioni personali di lunga data. Quindi la sua defezione potrebbe non essere il simbolo di una crisi sistemica. Eppure uno strappo politico da Forza Italia c’è stato, questa volta alla Camera: si tratta di Renata Polverini, passata al gruppo Misto e ormai ex Fi.

Poi al Senato Lello Ciampolillo, ex 5 Stelle, che all’ultimo vota sì. Ciampolillo ha votato in extremis, tanto da richiedere il vaglio del Var, e ha poi commentato: “La dinamica è semplice: si può votare al termine della seconda chiama, ho chiesto di votare e ho votato. Non sono arrivato tardi, si può votare fino alla fine. Poi grazie alla ‘moviola’ è stato dichiarato valido il mio voto”. Lo stesso Ciampolillo no vax convinto e ammiccante nei confronti dei negazionisti, che in un post Facebook scriveva: “Le mascherine servono solo a fermare l’influenza, non il Covid. Ma non vi sentite presi in giro?“. Vota sì, alla fine, anche il socialista Riccardo Nencini, dopo aver tentato di convincere Conte ad allargare la maggioranza riaprendo a Renzi. Alla fine si fa un po’ desiderare ma vota sì. Restano all’angolo, in osservazione, i senatori dell’Udc. Ma Antonio Saccone non chiude totalmente: “Votiamo no, anche se il discorso di Conte ha toccato corde a cui noi siamo sensibili, come l’europeismo e il proporzionale“.

Leggi anche: Conte insiste sulla legge elettorale proporzionale: perché?

Ipotesi di maggioranza per il Conte II

Insomma, al momento il progetto politico non c’è. Tra un grillino no vax, un socialista “fine intellettuale“, due forzisti, tre senatori a vita e un flirt sospeso con l’Udc, ora la maggioranza dovrà capire quale progetto politico è possibile costruire. Le forze di maggioranza parlano di una politica centrista, europeista, liberale, socialista, ma al momento le persone che risponderebbero a questo appello non sembrano interessate a costruire nessun fronte politico comune. Eppure nel governo c’è chi non dispera: è possibile trovare altri numeri, altri volti, è possibile convincere altri parlamentari in modo da costruire tutti insieme questo nuovo progetto politico. Un esponente del M5s riportato dal Huffpost riferisce che “l’ambizione di Conte è quella di creare le condizioni affinché i tre dell’Udc si stacchino, e attorno a loro coagulino un gruppetto di sei o sette senatori con sensibilità vicine ai popolari europei. Se fai i conti torneremmo su quota 165/166, che è da dove si partiva con Renzi”.

Questa sarebbe la base per un progetto che mira a staccare pezzi di Italia viva, pezzi di Udc, pezzi di Forza Italia, in modo da creare un fronte comune. Ma al momento resta fermo il progetto solido che lo stesso Mattarella aveva chiesto, e che Conte attualmente non sta dando, pur rifiutando di rassegnare le dimissioni. Intanto il Colle resta vigile, e Conte dovrà esser bravo a lasciare spago ai “responsabili” senza dare l’impressione a Pd e 5 Stelle di star creando un progetto politico autonomo e indipendente. Perché il Pd blinda Conte, ma per legarlo alle sue promesse, di certo non per farlo zizagare con un ruolo da protagonista.

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