Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo intervento al Senato riporta al centro del dibattito il problema del regionalismo.
Rivedere il Titolo V e il rapporto tra Stato e Regioni. È questo uno dei temi da affrontare nel governo a seguito della pandemia, secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Lo ha dichiarato durante le sue comunicazioni al Senato, nella mattinata di martedì 19 gennaio, prima del voto sulla fiducia. “L’esperienza della pandemia impone anche un’attenta riflessione sulla revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione” sul rapporto tra Stato e Regioni, ha detto il premier in Aula. E ha aggiunto: “Meditiamo insieme sul riparto delle competenze legislative di Stato e Regioni, come pure all’individuazione di meccanismi e istituti che consentano di coordinare più efficacemente il rapporto tra i diversi livelli di governo”.
Secondo il presidente del Consiglio, quindi, la divisione delle competenze tra Stato e Regioni andrebbe rivista. Il dibattito è aperto dai tempi del Conte uno: nell’estate del 2019 Movimento 5 stelle e Lega litigavano sulle autonomie regionali, fortemente volute da Matteo Salvini. Era poco prima che il leader del Carroccio facesse cadere il governo, comportando la nascita dell’esecutivo giallorosso.
Ma cos’è il Titolo V? Il Titolo V è quella parte della Costituzione italiana in cui viene illustrata la divisione dei compiti tra le autonomie locali. Dai Comuni alle Province, passando per le Regioni. L’attuale struttura delle Regioni esiste dal 2001, approvata da una maggioranza di centrosinistra e poi confermata da un referendum. Ed è stata “costruita” con lo scopo di spostare i centri di spesa e di decisione dai livelli più alti, come quello dello Stato centrale, a quelli più legati al territorio, avvicinandosi così ai cittadini.
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Ora più che mai, se c’è un cosa che il Covid-19 ha insegnato agli italiani, è che il rapporto tra Stato e Regioni fa acqua da tutte le parti. La gestione della pandemia, già complessa di per sé, ha subìto spesso i contraccolpi del rimpallo di competenze tra il governo centrale e le amministrazioni locali. Dagli inizi di marzo, mese in cui è iniziato il primo lockdown in Italia, è stato un continuo scontro tra Conte e i governatori.
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Prima le critiche al governo da parte dei governatori locali sulla gestione della pandemia, poi lo svelamento del flop della Sanità regionale e quello dell’app Immuni – per cui le diverse istituzioni non sono riuscite a comunicare in modo efficiente – e ancora il rimpallo di responsabilità all’inizio della seconda ondata di coronavirus. Dieci mesi di scontri che non hanno fatto altro che allungare il processo decisionale in un momento di emergenza e confondere i cittadini su quale fosse la situazione reale nel Paese.
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