Riforma Irpef, ecco come potrebbe incentivare lavoro e aziende

Riforma Irpef, ecco come potrebbe incentivare lavoro e aziende. Obiettivo è la riduzione del carico fiscale per incentivare la crescita

Irpef-Meteoweek.com

 

Se come riporta Il Sole 24 Ore e come ha affermato il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini durante il suo intervento  alle commissioni Finanze di Camera e Senato dell’11 gennaio, l’Irpef attualmente è strutturata in un modo che “disincentiva l’offerta di lavoro”, come si può intervenire e quali sono le cause?

Secondo la Banca d’Italia,  è essenziale diminuire il carico fiscale sui fattori produttivi per favorire offerta di lavoro e investimenti, in poche parole, incentivare la crescita. Tra le cause, come ha osservato più volte  l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, la causa va cercata nella base imponibile su cui si applica l’Irpef. Tale imposta assicura un gettito di circa 194 miliardi: “Fino agli anni 80 del secolo scorso la quota dei redditi di lavoro rispetto al Pil si aggirava intorno al 65%. Oggi è scesa in molti Paesi, Italia inclusa, sotto il 50% (e i redditi di lavoro dipendente non superano il 40% del totale)”.

Attualmente la struttura di prelievo fiscale è molto sbilanciata e quindi incide in maniera negativa sulla produttività del nostro Paese, non aiutando a recuperare competitività sui mercati mondiali.

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La struttura attuale vede l’Irpef  andare verso il basso, ossia con un reddito dichiarato da parte di metà contribuenti che non oltrepassa i 16.795 euro e con solo lo 0,1%  che dichiara oltre 300mila euro. Su 41,4 milioni di contribuenti Irpef, l’84,1% ha un reddito da lavoro dipendente o pensione, mentre  il 6,3% ha un reddito che deriva soprattutto da impresa o lavoro autonomo.

Sul fatto che la struttura dell’Irpef al momento presenti molte criticità a livello di efficienza ed equità della tassazione, c’è un’unanimità di pareri dal punto di vista tecnico e politico.  Tra le maggiori criticità vi sono il livello di evasione d’imposta, “il livello e l’andamento delle aliquote marginali effettive e la capacità redistributiva dell’imposta”.

Sono molte le proposte di riforma, e anche molto diverse. Quel che invece è certo è che bisognerà eseguire interventi su aliquote e scaglioni, sfoltire l’elenco di detrazioni, deduzioni e sconti fiscali. Secondo Ruffini, il sistema di detrazioni e deduzioni ha inciso nel corso del tempo portando a “una deformazione della progressività dell’imposta effettiva rispetto alle aliquote nominali, determinando un potente disincentivo a lavorare e guadagnare di più”. Ruffini sostiene che un’idea potrebbe essere quella di intervenire sulla base imponibile Irpef, colpita attualmente da imposte sostitutive che portano via 80 miliardi di entrate l’anno. Sarebbe quindi un modo per introdurre un reddito minimo esente, da connettere alla composizione familiare tramite il meccanismo assegno unico. Si potrebbero inserire trasferimenti monetari, sotto forma di imposta negativa, per assicurare aiuti fiscali a famiglie con basso reddito.

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Nel nostro Paese il prelievo sul lavoro è  tra i più alti in Europa, in particolare per ciò che concerne l’ “aliquota implicita”. Nel 2018 si è toccato il 42,7%, su una media del 38,6% in tutta Europa. Secondo Ricotti, per un lavoratore single che percepisce una retribuzione media, il cuneo fiscale è pari al 48% del costo del lavoro. Ora, secondo la Banca d’Italia un aumento del prelievo fiscale sul possesso di immobili potrebbe favorire la riduzione dell’imposta sui fattori produttivi.

Secondo il Rapporto “Paying taxes 2020” di Banca mondiale e Pwc, il carico fiscale totale sulle imprese è del 59,1% dei profitti commerciali a fronte di un ‘peso’ a livello internazionale del 40,5% ed europeo del 38,9%. Ergo è importante spostare la pressione fiscale dal lavoro, diminuendo le agevolazioni fiscali e facendo una riforma dei valori catastali non aggiornati, come afferma Confindustria citando quanto Bruxelles sostiene nelle sue “raccomandazioni”.

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