È passato quasi un anno dall’inizio della pandemia di Covid, ma la strategia del governo non cambia: è questo il fallimento dei giallorossi?
Chiudere tutto per evitare la diffusione del coronavirus. È sempre stata questa – da quasi un anno a questa parte – la strategia del governo contro il Covid. All’inizio in maniera più categorica, cioè decretando il lockdown per l’intero territorio nazionale a partire dal 9 marzo 2020. Una limitazione totale di ogni attività e spostamento durata circa due mesi in Italia. Poi, con l’arrivo della seconda del virus in autunno, in modo leggermente più lieve. L’Italia è stata divisa per aree di rischio (rossa, arancione, gialla): più alti sono gli indicatori del contagio, maggiori sono le restrizioni in un determinato territorio.
La crisi economica causata dal Covid
L’allentamento delle misure anti Covid, o meglio una gestione più logica delle chiusure, è stato in ogni caso dovuto alla profonda crisi economica che si trova a dover fronteggiare il nostro Paese. Lo stop di oltre due mesi di ogni tipo di attività ha ferito a morte la crescita dell’Italia, per questo fin dall’inizio di ottobre 2020 i principali attori di governo dichiaravano esplicitamente che la penisola un secondo lockdown generalizzato “non se lo può permettere”. Né prima, né ora. Quindi la novità della divisione delle Regioni per colori è stato più il frutto della preoccupazione per una crisi economica irrecuperabile, se il Paese fosse stato blindato un altra volta. Timore che sembra essere scomparso poco dopo, con l’arrivo delle vacanze di Natale e il relativo Dpcm, per la paura di una terza e dura ondata.
Il fallimento delle misure restrittive
Nonostante il governo giallorosso abbia sempre – o quasi sempre – optato per la linea dura contro il Covid, non sempre i provvedimenti assunti nei decreti hanno evitato all’Italia l’aumento dei contagi di coronavirus. È il caso della seconda ondata, iniziata con l’arrivo dell’autunno. Anzi in molti casi hanno contribuito ad aumentare la confusione e la frustrazione dei cittadini, oltre che il disagio. Un esempio è la questione di cinema e teatri: benché il mondo dello spettacolo avesse subìto un solo contagio in sette mesi, le strutture sono rimaste chiuse per la paura degli assembramenti all’esterno.
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Lo stesso è avvenuto per l’asporto oltre le ore 18 nei bar. In assenza di controlli per non far stazionare i clienti fuori dai locali, a Palazzo Chigi si è preferito vietare la vendita di cibo e bevande “a portar via” con l’ultimo Dpcm. Ulteriore penalizzazione ai danni dei lavoratori. O nei ristoranti, aperti solo in zona gialla e solo fino alle ore 18: anche in questo caso, forse, un più rigoroso rispetto delle norme anti Covid avrebbe potuto permettere ai ristoratori di rimanere aperti e avrebbe quindi comportato meno danni agli italiani.
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C’erano altre soluzioni?
Alla luce delle misure adottate dal governo, la domanda sorge spontanea. Se ci fossero più controlli, magari maggiore responsabilità da parte della cittadinanza, o maggiore rigore nel rispetto delle regole, si potrebbero evitare le chiusure che stanno causando il fallimento di decine di attività? La strategia dura del governo contro il coronavirus è il vero fallimento dei giallorossi? Ma soprattutto: l’esecutivo avrà il coraggio di assumersi le sue responsabilità e far ripartire il Paese?