La crisi ripropone quella stessa “casta” che il M5s voleva mandare a casa

La crisi di governo sta spingendo il premier Conte a cercare parlamentari “responsabili” tra le vecchie conoscenze della Prima Repubblica.

La crisi ripropone quella stessa "casta" che il M5s voleva mandare a casa- www.meteoweek.com
Clemente Mastella, sindaco di Benevento. Credit: Facebook

Prosegue la ricerca dei “responsabili” – o “costruttori” – che sostengano il governo, da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. L’obiettivo è arrivare a martedì 19 gennaio al Senato con la maggioranza assoluta, cioè con 161 senatori a favore dell’esecutivo giallorosso. Anche se, come dichiarato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, andrebbe bene anche la maggioranza relativa.

“Quello della maggioranza assoluta – ha sottolineato l’ex leader cinquestelle – è un giochino di Renzi per costruire uno specchietto per le allodole“. Per Di Maio la maggioranza assoluta sarà necessaria solo per lo scostamento di bilancio e “per pochissimi altri atti. E quando servirà ce l’avremo. Lo scontro con il leader di Italia viva Matteo Renzi, responsabile di aver innescato la crisi, è tanto acceso da spingere la maggioranza a cercare sostenitori tra le fila della vecchia “casta” politica. Quella stessa fascia di esponenti che i pentastellati hanno sempre dichiarato di voler mandare a casa.

Chi sono gli esponenti politici della “casta” chiamati a sostenere il governo

Negli ultimi giorni si sono susseguiti sui giornali diversi nomi. Il gruppo di parlamentari “responsabili”, che si dovrebbero assumere l’onere di non mandare il Paese al voto anticipato nel bel mezzo di una pandemia, ha subito fatto scalpore per gli esponenti politici che ospita. I senatori chiamati a sostenere il governo giallorosso, infatti, provengono tra le fila del Gruppo Misto, ma anche di Forza Italia.

La “casta” della Prima Repubblica

E – in alcuni casi – portano alla mente la Prima Repubblica e quella prassi radicata nei sistemi proporzionali: la “compravendita” del consenso politico. A partire da Clemente Mastella, veterano della Prima Repubblica ed ex iscritto alla Democrazia Cristiana, oggi sindaco di Benevento. Ma anche Gianfranco Rotondi, oggi esponente di Forza Italia, e Bruno Tabacci, presidente del partito Centro Democratico, entrambi ex Dc.

Il ruolo dell’Udc

Al contrario di quanto sostenuto dagli esponenti dell’Unione di Centro, che hanno smentito il loro ruolo nel sostegno al premier Conte, è ancora in voga il nome di Paola Binetti. Anche perché – si vocifera a Palazzo Chigi – potrebbe essere ricompensata con il ministero alla Famiglia, guidato dalla renziana Elena Bonetti prima del ritiro di Italia viva dalla squadra di governo.

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“Domani Conte troverà in Senato i voti di cui ha bisogno, forse non tutti quelli che avrebbe voluto, probabilmente in questa fase dovrà accontentarsi sapendo che il Presidente della Repubblica gli ha detto che con un voto in più delle opposizioni il governo continua. Conte sperava di avere 161 voti e non li avrà, forse ne avrà 154, ha detto la senatrice dell’Udc a Il Fatto Quotidiano.

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I numeri al Senato

I numeri precisi si sapranno solo martedì 19 gennaio, quando il presidente del Consiglio si recherà al Senato per chiedere la fiducia. Fino ad allora si possono fare solo previsioni, più o meno verosimili. Al momento sembra che Conte balli tra i 151 e i 157 voti favorevoli. Per la maggioranza assoluta ne servono, come detto, 161. Ma nella maggioranza relativa le astensioni non vengono conteggiate. Se, dunque, i senatori di Italia viva non partecipassero al voto la soglia della maggioranza di abbasserebbe a quota 149, assicurando la fiducia ai giallorossi.

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Bruno Tabacci, presidente di Centro Democratico. Credit: Bruno Tabacci Facebook
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