Covid, aumentano i tentativi di suicidio tra giovanissimi: “Dicono di sentirsi inutili e soli, gli mancano sport e scuola”. Parla Vicari
Aumentano i casi di tentativi di suicidio tra i giovanissimi di età compresa tra i 12 e i 18 anni. È l’ospedale Bambin Gesù di Roma a dare l’allarme tramite il primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria, Stefano Vicari. Il primario spiega che a sua detta, “è anche a causa del Covid-19 e di questo periodo (con o senza lockdown) se sono aumentati atti autolesionistici e suicidari che hanno segnato una crescita di disturbi mentali sia nei ragazzi che nei bambini: irritabilità, ansia, sonno disturbato”.
Le varie misure restrittive dovute alla pandemia, avrebbero peggiorato una situazione (già molto critica di per sé) persino negli ospedali. Secondo Vicari, “gli accessi al pronto soccorso sono aumentati e le richieste di aiuto sono superiori alle nostre possibilità di accogliere. Da ottobre ad oggi, quindi dopo la prima ondata Covid, abbiamo registrato un aumento dei ricoveri del 30% circa. Fino a ottobre avevamo il 70% dei posti letto occupati ( 8 in tutto), oggi il 100%. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”.
Si tratta di dati davvero molto pesanti. Ma a cosa sono dovuti? Secondo il primario Vicari, “nel 90% dei casi si tratta di tentativi di suicidio, spesso legati ad attività autolesionistiche che nelle intenzioni non sono suicidarie o a disturbi dell’umore, tendenti alla depressione. Oppure a condotte che invece mirano al proposito di farla finita, legate comunque a malattie mentali. C’è chi ingerisce un quantitativo importante di farmaci, chi si getta dalla finestra, chi si impicca e chi usa armi da fuoco. C’è anche chi dice al genitore:’se mi togli il cellulare mi tolgo la vita‘ “.
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Vicari prosegue:”Mi dicono che si sentono inutili e soli. Che gli manca fare sport. Oppure andare a scuola”. Una scuola “ridotta alla semplice didattica, ma è molto altro. I contagi che avvengono dentro le mura scolastiche sono il 2%. Il vero problema sono i trasporti e la mancanza di relazione tra docenti e studenti, il più delle volte comunicano da dietro uno schermo”. Tuttavia da questo buio pieno di sofferenza si può trovare la luce “grazie ai farmaci, alla psicoterapia”.
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C’è però anche altro, “c’è un altra fetta nel mondo di giovani che si chiudono sempre di più dentro casa, dentro la stanza, che trascorrono ore ai videogiochi senza nessun interesse sociale. Che vivono l’inutilità della relazione e confinano sempre più questo mondo ai tablet o agli strumenti tecnologici. Finita l’emergenza sarà molto difficile farli uscire di casa. È li che trovano rassicurazione. È lì che gli si rinforza il sintomo di una fobia sociale che spesso si accompagna a forme più o meno acute di depressione”.
Infine, il primario rivolge un consiglio ai genitori:”State con gli occhi aperti, condividete tempo e spazi con i figli. Guardate il loro corpo, gambe e braccia. Fate attenzione a tutti i cambiamenti improvvisi e duraturi per settimane, mesi. Se un ragazzo tendenzialmente allegro e sereno, improvvisamente diventa irritabile, aggressivo, tetro, oppure non mangia è un campanello d’allarme. Siate presenti e aprite le porte del dialogo, se non sapete cosa fare, chiedete aiuto“.
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