Per la prima volta in Italia, un agente della Penitenziaria condannato per tortura. Riconosciuta l’aggravante della crudeltà. Sentenza storica.
E’ stato condannato a tre anni per tortura e lesioni personali un agente della polizia penitenziaria del carcere di Ferrara. Pietro Licari, 51 anni, è accusato di tortura nei confronti di un detenuto. La vittima è Antonio Colopi, 26enne che stava scontando 14 anni di carcere per omicidio. Il detenuto veniva fatto spogliare e picchiato ripetutamente. Il giudice ha emesso la sentenza in abbreviato, ed ha riconosciuto anche “la crudeltà e violenza grave“. Il Pm Isabella Cavallari aveva chiesto tre anni e sei mesi. Oltre all’agente condannato il giudice ha deciso di rinviare a giudizio altri due agenti e un’infermiera, accusata di falso e favoreggiamento. Dopo l’aggressione il detenuto, assistito dall’avvocato Paola Benfenati, venne trasferito a Reggio Emilia. Per il presidente di ANtigone Patrizio Gonnella si tratta di una sentenza “storica” perché “è la prima condanna di un funzionario pubblico per il delitto di tortura”.
I fatti risalgono al settembre del 2017, quando i tre agenti della penitenziaria entrarono nella cella d’isolamento in cui si trovava il detenuto per fare una perquisizione. Secondo la ricostruzione mentre uno di loro resta di guardia in corridoio, gli altri due cominciano a vessare il prigioniero. Il più alto in grado, un sovrintendente di 55 anni, gli avrebbe intimato di restare a dorso nudo e dopo averlo fatto inginocchiare lo avrebbe preso a calci. Dopo averlo ammanettato avrebbe continuato a colpirlo ferocemente, fino alla reazione del carcerato che con una testata lo aveva colpito al volto. Picchiato ancora, le richieste d’auto furono inutili. Alla fine del pestaggio, gli agenti si allontanarono lasciandolo ammanettato, fin quando non lo trovò un medico del carcere durante un giro nelle sezioni.
Per il sovrintendente Geremia Casullo e per i due assistenti capo, Pietro Licari di 51 anni e Massimo Vertuani di 49, il pm Isabella Cavallari aveva chiesto il processo. Licari ha scelto il rito abbreviato, gli altri due subiranno un processo ordinario. Nei guai anche l’infermiera del carcere Eva Tonini, 39 anni, accusata di favoreggiamento e falso per aver dichiarato di aver visto il detenuto sbattere la testa contro la porta blindata. Di falso e calunnia potrebbero essere chiamati a rispondere anche gli agenti che nei loro rapporti hanno scritto di essersi difesi da un’aggressione. Il detenuto era stato condannato in abbreviato per aver ucciso un cuoco con cui lavorava.
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Antigone: “Nessuno è superiore davanti alla legge”. Il presidente di Antigone Gonnella chiarisce:”Non si gioisce mai per una condanna e non gioiamo neanche in questo caso, ma affermiamo comunque che la decisione di oggi ha un sapore storico”. “La tortura è un crimine orrendo, inaccettabile in un Paese democratico. La condanna, seppur in primo grado, mostra come la giustizia italiana sia rispettosa dei più indifesi. Si tratta di una sentenza che segnala come nessuno è superiore davanti alla legge. La legge vale per tutti, cittadini con o senza la divisa. E’ questo un principio delle democrazie contemporanee”.
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Il presidente di Antigone sottolinea poi che “fortunatamente ora esiste una legge che proibisce la tortura. In passato fatti del genere cadevano nell’oblio. E’ importante che tutti gli agenti di polizia penitenziaria si sentano protetti da una decisione del genere, che colpisce solo coloro che non rispettano la legge”. Antigone ha a lungo combattuto per avere questa legge, con l’ultima campagna ‘Chiamiamola tortura’. “Avevamo raccolto oltre 55mila firme a sostegno di questa richiesta. Ora possiamo dirlo – conclude Gonnella -, la tortura in Italia esiste, purtroppo viene praticata, ma ora viene anche punita“.
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